Torna a Milano Popieluszko – Non si può uccidere la speranza La coraggiosa opera cinematografica di Rafal Wieczynski presentata in Italia durante l’ultimo Festival Internazionale del Cinema di Roma, sarà proiettata a Milano. Dopo quella proiezione il film, ha subito una difficile distrubuzione nelle sale. Spesso accade per opere che indagano fatti storici “scomodi”, che fanno emergere una realtà cruda e scandalosa.
Si pensi alla sorte analoga di Katyn, del maestro Andrzej Wajda, che ha avuto una vita distributiva travagliata ed è uscito in pochissime sale. Stesso destino per “Popieluszko-Non si può uccidere la speranza”.
Popieluszko – Non si può uccidere la speranza a Milano – L Il film sarà proiettato lunedì 3 maggio 2010 a Milano, presso il Cinema Palestrina. L’evento è organizzato dall’associazione Sentieri del Cinema e interverrà Anna Guglielmi, autrice del libro Popieluszko – non si può uccidere la speranza.
Molti di quanti ne avevano sentito parlare durante il passaggio al Festival del Cinema di Roma, pur interessati alla straordinaria vicenda umana di padre Popieluszko, martire del regime comunista, (oggi in procinto di essere proclamato beato dalla Chiesa), non sono ancora riusciti a vedere il film di Rafal Wieczynski. Grande spazio gli ha dedicato tuttavia il sito “Sentieri del Cinema” (nella recensione di Autieri) sostenendo la pellicola e gridandone a gran voce la qualità.
Il giovane regista polacco Rafal Wieczynski, rievoca, a 25 anni esatti dalla crudele morte, l’uccisione di padre Jerzy Popieluszko, sacerdote nemmeno quarantenne che divenne a inizio anni 80 una spina nel fianco del regime comunista. Popieluszko divenne infatti in quegli anni la guida spirituale del sindacato libero Solidarnosc, inviso al Potere, e pericolo costante dello Stao. In realtà cominciò tutto casualmente, quando un gruppo di operai impegnati in duri scioperi nelle acciaierie di Varsavia chiese alla Chiesa locale un sacerdote per poter seguire la Messa anche dentro l’“assedio” dell’occupazione. Il passo successivo fu la saldatura con le proteste che si sviluppavano a Danzica, il cui leader era un elettricista di nome Lech Walesa.
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Da lì nacque Solidarnosc, con le sue vittorie, le sconfitte, gli arresti, la repressione. Ma anche la tenacissima resistenza, impossibile senza il ruolo discreto della Chiesa polacca, e del suo Papa, costante e discreto riferimento. Le omelie di Padre Jerzy, inviato sul posto per calmare gli scioperi iniziano pian piano a denunciare le menzogne del governo e a descrivere il malessere della popolazione, minacciata dalla legge marziale e dai carri armati nelle strade. Le violenze su popol continuano, e la voce di Padre Jerzy P. diventa sempre più alta e scomoda. Infatti i servizi segreti iniziano a ricercarlo, a volerlo interrogare.
Un prete amico del popolo e della gente semplice, come gli operai e le loro famiglie, che certo trovavano nella Chiesa quella solidarietà e quel sostegno di fronte alle provocazioni e alle angherie del regime inizia a insospettire il partito comunista polacco. Dalle sue prediche si evinceva la figura di un uomo mite ma deciso, coraggioso ma consapevole del suo ruolo. Non un agitatore di folle, ma un sostegno fermo per i deboli. Dopo un’esperienza in prigione, continueranno ad arrivargli minacce e intimidazioni, fino a una barbara uccisione davvero annunciata.
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Nel film la Chiesa è rappresentata con grande fedeltà, dal protagonista Padre Popieluszko a Jozef Glemp nei panni di se stesso; i colloqui tra i due riproducono gli originali. Allo stesso modo la vicenza biografica del protagonista, dalla sua crescita al suo ruolo di mediatore col popolo è avvincente e fedele alla drammatica realtà.
Adam Biedrzycki, l’ attore protagonista somiglia anche fisicamente al prete martire della Polonia comunista travagliata e sottomessa. Alcune scene sono delgi originali documentari dell’ epoca,immagini toccanti che solo ora appaiono sugli schermi. Ritorna anche la commovente figura di Papa Wojtyla, ostinato e fondamentale sostegno di quegli anni bui. I suoi viaggi, le sue prediche aumentavano la speranza di libertà del popolo polacco e lo sostennero nella lotta per l’indipendenza. Essendo stato prodotto con il contributo decisivo della televisione polacca, è facile che il film risenta di un’impostazione, appunto, televisiva,poco cinematografica. La regia non è spettacolare o sceneggiature mozza fiato, ma dal punto di vista della fedeltà storica è grandioso. Il regista punta tutto sul realismo documentaristico per raccontare la vicenda di un uomo buono e coraggioso, vittima di un sistema coercitivo e ingiusto.
La nazione polacca, forse da sempre contesa e sfortunata, con questo film torna alla ribalta.Non si celebra solo l ‘orgoglio nazionalistico della Nazione chiave nella caduta del regime sovietico, come altrove. Si celebra l ‘umanità e la sofferenza di tutto il popolo umile e modesto che non sapeva di lasciare il segno nella storia politica europea.
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In un’Europa che invece oggi dimentica le sue radici, è quanto mai opportuno ricordare questo martire cristiano. La testimonianza della folla che senza paura, accorse al funerale non lottò invano, la morte del suo riferimento spirituale infatti, precedette di pochi anni il crollo del comunismo e del dominio sovietico sui paesi dell’Est.