Abbandonate le atmosfere cupe di “Come Dio comanda”, Gabriele Salvatores torna alla commedia e alla Milano che faceva da sfondo al suo secondo lungometraggio “Kamikazen – Ultima notte a Milano”. Una Milano ben diversa però, quella di “Happy family”, che, a differenza del film precedente, è una città luminosa, stilizzata, fatta tutta di cielo e poca di terra, di edifici.



L’architettura della città è una scenografia simmetrica che include i personaggi come su un palcoscenico, e non è un caso che il film sia tratto proprio da un testo teatrale nato dalla penna di Alessandro Genovesi (anche autore della sceneggiatura con lo stesso Salvatores).

La storia è quella di Ezio, che inizia a scrivere una sceneggiatura durante un’estate milanese calda e afosa. Complice il caldo o un semplice gioco del destino, i personaggi di cui scrive iniziano a rivoltarsi contro il loro creatore, pretendendo uno sviluppo migliore, più righe di dialogo, una fine degna. Per sistemare le cose, Ezio diventa un personaggio della sua sceneggiatura.



E’ evidente come Gabriele Salvatores cerchi col suo ultimo lavoro di distaccarsi il più possibile dalla commedia all’italiana. Operazione coraggiosa, nella ricerca registica e non solo, che lo vede approdare negli States dove saccheggia sapientemente dalle mani di Charlie Kaufman (sceneggiatore de “Il ladro di orchidee”, a cui “Happy family” fa spesso riferimento) e, soprattutto, dal cinema di Wes Anderson. Salvatores riprende da Anderson e dai suoi Tenenbaum alcune idee di regia, l’uso delle scenografie e l’approccio disincantato della recitazione, per non parlare poi del modo di dipingere i personaggi.



Le influenze sono evidenti, forse anche troppo, tant’è che “Happy family” risulta spesso essere un film spersonalizzato, e da un autore come Salvatores non ce lo saremmo mai aspettato.

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E’ comunque apprezzabile il tentativo di svecchiare il panorama italiano della commedia con un prodotto di certo coraggioso (basti pensare alla prima mezz’ora, con i personaggi che parlano alla camera o alla storia che tenta qualcosa di più rispetto alla solita trama familiare), in ogni caso ben fatto e piacevole, senza per questo rinunciare a temi importanti, sempre e comunque trattati con leggerezza.

 

Ottime le performance degli attori: i due vecchi leoni Bentivoglio e Abatantuono danno il loro meglio (quest’ultimo poi ci regala uno dei suoi ruoli più divertenti), mentre la coppia femminile formata da Margherita Buy e Carla Signoris convince a più riprese. Se la coppia di ragazzi funziona meno del previsto e il personaggio della nonna è per lo più un buon espediente comico, chi stupisce sono Fabio De Luigi e Valeria Bilello.

Il primo dovrebbe aspirare a diventare il nuovo volto della commedia all’italiana sfruttando anche le sue doti drammatiche (intraviste proprio in "Come Dio comanda"), mentre Valeria Bilello (dopo la comparsata ne "Il papà di Giovanna" di Pupi Avati) convince per l’inaspettata leggerezza con cui dipinge un personaggio tragico e disilluso. Insomma, nonostante tutto, questo "Happy family" diverte e fa pensare. Forse lo stile non è originalissimo (ma solo per i più cinefili, per il grande pubblico sarà una bella sorpresa), tuttavia la macchina messa in piedi da Salvatores macina chilometri con perfezione e precisione.


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