Il cinema sbarca in televisione. partita ieri sera The Pacific, la miniserie evento prodotta da Tom Hanks, Steven Spielberg e Gary Goetzman, non a caso programmata da Sky sul canale Cinema (e su quello in HD, che renderà la fruizione ancora più cinematografica), con la stessa strategia utilizzata per Romanzo Criminale.
La serie è stata presentata in Italia proprio in una sala cinematografica, quella dellApollo di Milano, nellambito del Telefilm Festival. Perché questo è un serial che sembra un film lungo 10 ore, come ha spiegato il Direttore dei Canali Cinema e Intrattenimento SKY Nils Hartmann alla conferenza stampa di presentazione della kermesse milanese.
Dopo la serie Band of Brothers (targata anchessa HBO e prodotta sempre da Spielberg e Hanks come spin off del film Salvate il soldato Ryan) il serial parla di un gruppo di giovani soldati americani mandati sul fronte giapponese, nei giorni successivi allattacco di Pearl Harbor il 7 dicembre del 1941. La guerra fu combattuta in territori inospitali e selvaggi, sul fronte del Pacifico, quello meno conosciuto al pubblico, su isole di cui i soldati non riuscivano neanche a pronunciare il nome.
Ci troviamo nel corpo dei Marines e gli eventi sono narrati attraverso tre protagonisti, tre soldati che combatterono realmente in quei luoghi: il giovane Eugene B. Sledge (interpretato da Joseph Mazzello), il sergente italo-americano John Basilone (Jon Seda) e il marine Robert Leckie (James Badge Dale). La storia si basa sui romanzi di due di loro (With the Old Breed di Sledge e Helmet for My Pillow di Leckie) e sui racconti di veterani di guerra (che appaiono in video prima di ogni puntata).
Il cast è composto da giovani attori, volti poco noti al pubblico televisivo e cinematografico, ma che colpiscono per l’intensità della loro interpretazione (per prepararsi alla parte hanno fatto un campo di addestramento con un ufficiale dell’esercito, facendogli credere di essere davvero dei soldati).
Il pilot si incentra su Robert, che sbarca con la propria unità a Guadalcanal, mentre il giovane Eugene è costretto a rimanere in patria per un soffio al cuore, a causa del quale il padre gli impedisce di arruolarsi. La guerra è vissuta in prima persona da questi soldati, che sono uomini prima che marines: la telecamera si sofferma sui loro volti, sulle loro reazioni emotive, sui loro sentimenti. In mezzo agli scontri brutali e alle barbarie i nostri protagonisti cercano un attimo di umanità, tentano di conservare la propria dignità e parte della loro anima.
Ma non tutti sono compassionevoli e sensibili come Robert, perché “la cosa peggiore che può capitare a dei ragazzi che combattono una grande guerra non è una semplice ferita, ma la completa lacerazione dell’anima”. E così i soldati cercano di conservare un briciolo di umanità attraverso le lettere dei familiari a casa, condivise con i commilitoni, la compassione verso i nemici giapponesi, che, come loro, hanno famiglia e affetti, e attraverso un rapporto di amicizia con i compagni di quei terribili scontri.
Vengono raccontate le battaglie di Gualdacanal, Cape Gloucester, Peleliu e Okinawa con un realismo sorprendente, che ricorda la narrazione dello sbarco in Normandia vista nella prima mezz’ora del film Salvate il soldato Ryan. Non per niente il budget della miniserie si aggira sui 200 milioni di dollari (circa il doppio di quello di Band of Brothers) spesi su 90 diversi set utilizzati per le riprese, effettuate tra Melbourne e il Queensland.
Al di là della veridicità storica, comunque, la rappresentazione colpisce per il tono commovente, a tratti sentimentale, che restituisce il coinvolgimento delle vere persone che combatterono in quei luoghi. Un evento di portata mondiale riaccade attraverso l’esperienza privata, personale e umanissima di quei soldati.