Dopo aver raccolto ottime critiche nei festival horror del pianeta, arriva anche nelle sale italiane Shadow, horror prodotto e girato in Italia (ma con cast straniero) nonché secondo lungometraggio di Federico Zampaglione, leader dei Tiromancino che passò dietro la macchina da presa già nel 2007 con la commedia grottesca Nero bifamiliare.



Un ex soldato americano di istanza in Iraq, finita la guerra si trasferisce in Europa per praticare il biking (ovvero trekking con la bicicletta) sulle montagne del Tarvisio. Durante una pausa presso una locanda del luogo, il ragazzo ha un alterco con due cacciatori dopo aver difeso una ragazza che questi ultimi stavano maltrattando. Inizia così un inseguimento senza tregua che porterà a conseguenze inaspettate. Perché il bosco nasconde un segreto.



Già con il suo primo lungometraggio, Zampaglione aveva dimostrato di saperci fare con le immagini (creando unatmosfera allucinata nel classico impianto della commedia allitaliana), ma aveva anche espresso la voglia di voler raccontare le cose sotto un altro punto di vista. Shadow non è che la conferma di questa tendenza.

Partendo dal cinema di Fulci, del primo Argento e di Mario Bava (Roy Bava, figlio di Lamberto e nipote di Mario è laiuto-regista di Zampaglione), Shadow stupisce per la sua semplicità nel racconto che rivela però un sottile meccanismo capace di tenere i nostri occhi incollati allo schermo, meccanismo ben supportato da una regia funzionale, programmaticamente influenzata dallambiente in cui le azioni si svolgono.



Se nella prima parte ambientata nel bosco, la regia sfrutta appieno le virtù e i difetti della camera a spalla (sobbalzi, sfocature, ecc.), nelledificio che fa da sfondo alla seconda parte la regia diventa più geometrica, ricca di carrelli e movimenti più calcolati. Il mix funziona e sul piano visivo Shadow si dimostra essere un prodotto ottimo e originale, soprattutto in un cinema come quello italiano dove regna spesso e volentieri la banale immagine televisiva.

Ma è in fase di scrittura che il film di Zampaglione compie un passo falso. In realtà per buona parte della pellicola si ha la sensazione che il tutto sia stato scritto con buon mestiere, miscelando qualche accortezza tecnica (non ho ottimi attori quindi evito lunghi dialoghi) a scelte narrative stuzzicanti, una su tutte la strana figura del serial-killer muto, incarnato dal mefistofelico attore svizzero Nuot Arquint e arricchito dalla sceneggiatura con alcune sfumature ossessive funzionali al personaggio.

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Il passo falso sta naturalmente nel finale. Pur essendo interessante nella sua lettura delle vicende, il finale è una presa in giro bella e buona per ogni spettatore. Una scelta infantile quella di chiudere il film in quel modo, troppo semplicistica, banale, facile per potersi meritare una piena sufficienza. Nello svelamento della realtà metaforica, il film finisce con l’essere meno incisivo di quanto avrebbe potuto esserlo continuando sulla falsariga dei settanta minuti precedenti. E invece Shadow finisce con l’essere solamente un giochino.

 

Shadow è una medaglia a due facce. Su una faccia c’è la regia ottima di Zampaglione che ben ci fa sperare nel futuro (è già al lavoro su un altro horror), sull’altra faccia c’è invece l’incapacità tutta italiana di far supportare alle belle immagini anche una sceneggiatura all’altezza. Shadow è un’occasione in parte sprecata per il cinema italiano, ma in fondo abbiamo perso il mestiere del cinema di genere, e ci vorrà del tempo prima di recuperarlo.

 

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Trailer fornito da Filmtrailer.com