Santoro lascia Annozero e la Rai – Il Conduttore Unico delle Coscienze lo chiama Giuliano Ferrara. Michele Santoro che oggi, con un ipotetico compenso di 10 milioni di euro, si appresterebbe a lasciare la Rai e il suo pubblico. Questa volta, però, non ci sono di mezzo editti bulgari o scomuniche contro Michele Santoro. Sarebbe tutto consensuale. Anche se Travaglio assicura che, in fondo in fondo, si tratta comunque di un complotto: hanno stressato talmente tanto il povero conduttore di Annozero, che lui ha accettato a malincuore anche il contributo milionario. Fare il perseguitato rende ha commentato Vespa.

Al di là delle polemiche, non si può non rilevare che con Santoro finisce unepoca. Termina un ventennio che, sebbene ricordi per durata quello fascista, non è fatto dalla guerra del povero Michele contro il regime. Finisce unepoca ben racchiusa nellespressione coniata dal direttore de il Foglio: il Conduttore Unico delle Coscienze. Santoro non è mai stato un giornalista disincantato e mosso dal puro ardore di conoscenza.

Santoro è sempre stato un intelligentissimo fabbricatore di prodotti tv finalizzati ad amplificare errori e scandali, tali o presunti, della parte avversa per renderla impresentabile al grande pubblico. il suo vizietto. In ciò la cura nel confezionare i servizi, nella ricerca degli ospiti e nella selezione del pubblico che con commenti ed applausi avvalla le tesi del conduttore, è fondamentale. Di questo tipo di tv Santoro è un capofila ed un maestro.

La definizione di Ferrara e, dal 1994, laperta ostilità nei confronti di Berlusconi (con lo strascico del conflitto di interessi) hanno solo reso manifesto il tutto, strappando il velo falso dellinformazione corretta come battaglia civile.

La critica di atteggiarsi a “Conduttore Unico delle Coscienze”, e l’accusa di voler “suggestionare il pubblico e offrirgli, sotto il simulacro della discuzzione in tv, un banale pregiudizio comprato al mercato” (il Foglio del 2 giugno 2007), ha soltanto forato la bolla della pretesa imparzialità. Anche il rimproverato conflitto di interessi del Cavaliere è stato, sotto questo punto di vista, una manna piovuta dal cielo. Ha infatti smascherato l’idea di cui il pubblico di Santoro si alimenta da sempre: la pretesa neutralità come garanzia di comunicazione del vero. È una convinzione che si diffonde con il crollo della Prima Repubblica e la fine delle logiche di lottizzazione delle tre reti Rai.

Già Pasolini, però, ci aveva avvertito: non è vero che la tv mostra la realtà così com’è, perché è falsa l’inesistenza di mediazioni tra lo spettatore e ciò che è trasmesso. La mediazione c’è. Eccome. La tv ed i suoi programmi sono fatti da uomini con idee proprie, una loro storia ed una precisa formazione culturale. L’occhio della telecamera vede e si sofferma su quel che il conduttore vuole vedere e su cui desidera soffermarsi. Una sola trasmissione è una miniera di conflitti di interessi. Per questo Ferrara decise di dare il via alla doppia conduzione. Prima con Lerner, poi con Sofri ed infine con la Armeni. Per garantire una pluralità di giudizi, non la proclamazione di un verbo. È il punto di partenza a fare la differenza tra l’Elefantino e Santoro. Da qui si capisce anche il rifiuto di quest’ultimo ad accettare la proposta che gli fece Giovanni Minoli dopo l’editto bulgaro del 2002: lavorare nelle “catacombe” di RaiEducational per risalire la china.

 

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Una cosa simile l’aveva già fatta Pippo Baudo, cacciato dalla porta dei palinsesti e rientratovi dalla finestra. Ma Santoro niente. Disse che aveva diritto al “suo” microfono. Come dargli torto? Se gli togli la possibilità di massificare a buon mercato un pregiudizio viene meno la sua mission. Insomma, non si sa che ne sarà del povero Michele. Se andrà in esilio con una buona dote, divertendosi a girare docufiction, oppure continuerà in prima serata a confermare il popolo degli eterni indignati. Tuttavia questa volta un dibattito adulto sulla vicenda potrebbe permetterci di approcciarci in modo maturo all’informazione tv. E magari senza gridare: “dagli all’untore!”.

 

Matteo Forte