Tutti i cartoni che ho visto nella mia vita si associano sempre a un fatto curioso che mi è successo. Teatro di questi avvenimenti era sempre la casa di mia nonna.

Gli amichetti che mi ero fatto erano spesso vittime designate di qualche mio esperimento. Abbiamo letto come facevo a rompere le clavicole delle ragazzine che “allenavo” per farle diventare comeMimì, delle slogature alle caviglie per colpa di Holly e Benji e infine delle rapine alle villette, vestiti come Lupin e Zorro.



Ma un giorno è arrivata una bambina, che diceva di poter trasformare i suoi abiti solo con un fiore. Ovviamente, noi cinici delinquentelli di strada devoti solo a Ken Shiro, l’abbiamo presa in giro e sfottuta.

Com’era la magia? Lei si nascondeva in una baracca, da noi costruita nel bosco e, dopo pochissimi secondi, usciva con un altro abito. Com’era il trucco? Ovviamente indossava un vestito sopra l’altro! Io, soprannominato genio del male, avevo scoperto l’inganno.



“Chi ti ha dato questo potere?” La ragazzina, con sorriso beffardo, disse “Lulù, l’angelo tra i fiori. Per una settimana diventò la reginetta del parchetto e noi maschietti solo dei poveri reietti, vestiti male.

Bisognava informarsi e scoprire il segreto di questa Lulù, che già noi detestavamo. Nata nel 1979, dalla fantasia di Shiro Jinbo, già creatore della “seconda” Mimì (Ashita e Attack) e di Hallo Sandybell, il padre di Lulù deve essere stato sicuramente un figlio dei fiori. La protagonista infatti è una ragazza francese, che vive con i nonni fiorai, amante dei viaggi e quasi sempre in total look anni Settanta



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Devono aver lavorato duro alla Toei, visto che Lulù è uno dei pochissimi cartoni che può vantare cambi d’abito ad ogni puntata. Lei, discendente degli spiriti dei fiori viene ingaggiata, da due spiriti dalla forma di cane e gatto, per ritrovare il raro e prezioso fiore dai sette colori. Tale fiore serve solo per avviare la successione al trono del re della stella dei fiori, mentre noi, ai tempi, pensavamo chissà quale potere potesse avere.

Infatti Lulù non è una semplice teenager, ma ha con sé una spilla magica a forma di margherita, che le può far acquisire capacità professionali con tanto di abito in pandan. Quindi se vuole diventare una brava colf eccola trasformata con l’abito da cameriera e lo Swiffer in mano, se per caso deve spaccare la legna, in men che non si dica, indossa una camicia canadese a quadri e boot della Timberland. La magia si attiva solo puntando esclusivamente la spilla verso un fiore. Se fosse capitata nel deserto, la nostra cara Lulù, sarebbe morta sciatta e demodè!

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Noi bambini eravamo estasiati da questo potere, avere un armadio in una spilla è il desiderio di tutti.

Ma dovevamo vendicarci di quell’arpia che ci aveva tolto credibilità davanti alla nostra compagnia. Fu così che ci inventammo anche noi il fiore dai sette colori, costruito con la carta velina e appeso sopra un albero nel boschetto vicino casa.

 

Informammo tutto il vicinato che chi avesse trovato quel fiore, in premio avrebbe avuto la spilla magica di Lulù e quindi un abito nuovo ogni giorno. Dov’era la spilla? Ovviamente attaccata sulla porta della cucina di mia nonna. Ve li ricordate quegli appendi stracci degli anni Ottanta a forma di margherita? Io ho segato la porta di mia nonna per avere quell’oggetto e poter ingannare tutti quanti.

 

Lulù invece ha sempre un angelo custode al suo fianco, tale Celi (Serge in originale) che l’aiuta ogni volta a uscire dai guai e che regala semi di fiori a tutti quelli che incontra. La cattiva di turno è la perfida Togenicha e il suo aiutante Yavoque, anche loro alla ricerca del mitico fiore.

 

Il bello delle avventure di Lulù è che si svolgono tutte in Europa, quasi una specie di interrail, ma senza tenda. E chi ha buona memoria può ricordare che gli ultimi episodi sono ambientati in Italia. Lulù infatti ha attraversato lo stivale in lungo e in largo, dalla Sicilia a Roma, da Firenze a Sanremo, ma non per presentare il festival, sempre per cercare quel maledetto fiore, che alla fine si è rivelato essere a casa dei nonni. Praticamente ha fatto un viaggio per niente.

 

Il “mondo biondo” come cantavano i Rocking Horse nell’omonima sigla, è uno dei cartoni più romantici della serie delle maghette e ogni fine puntata, la voce narrante, da un aneddoto sui fiori e sul loro significato.

 

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Quindi non regalate mai un garofano giallo, un’ortensia o un papavero che vogliono dire sdegno, freddezza e noia, piuttosto, con Interflora, fate recapitare alla vostra amata una camelia rossa (sei la più bella), del viburno (muoio se mi trascuri) o dei tulipani (onestà).

 

I miei amichetti, a distanza di anni, sono ancora là che cercano il fiore dai sette colori, vestiti a strati e tutti sudati con delle millefoglie in mano, che nel linguaggio dei fiori significa guerra!

 

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IN GIAPPONESE DI LULU’

 

(Gabriele de Risi)

 

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