Mia nonna potrebbe essere la memoria storica sull’influenza che i cartoni animati hanno avuto sui bambini. La sua casa per me era la dimora di Mazinga. Fantasticavo che si aprisse una voragine nell’orto e che uscisse il Robot pronto a salvarmi dal piatto di verdure che mi veniva sempre dato per cena.

Aspettavo sempre la fine del temporale per vedere apparire l’arcobaleno e scoprire se era vera la leggenda. “Quale leggenda?”. “Non lo sai nonna? Dicono che alla fine dell’arcobaleno ci sia una pignatta piena di monete d’oro”. “Ci vai se finisci gli spinaci”. “Li mangio se prendiamo un cane”. “Poi tua madre chi la sente?”. “E allora non mangio”



Se i dalmata della carica dei 101 erano veramente troppi da adottare e Snoopy troppo radical chic da comprendere, l’unico cane, ai miei tempi, che si poteva fantasticare di avere era Spank. Meticcio parlante che combinava guai e spaventava sempre la colf della protagonista.

Già dalla sigla si poteva comprendere l’umore che si respirava nel cartone animato: “Hello spank il mio papà, hello spank l’ha preso il mare…e pazzo sei, sei pazzo più di me ma a volte poi ti arrabbi come noi”.



Chi non si è commosso nel vedere Aika, la protagonista, piangere per aver perso il padre, il cane blu e anche per non aver cuccato il fidanzato, alzi la mano. Mentre sono sicuro che Spank e il suo amico gatto Torakiki vi hanno fatto morire dalle risate.

Ricapitoliamo bene la storia: scritto e disegnato nel 1978 da Shunichi Yukimuro e Shizue Takanashi (il nome originale è “Ohayo!Spank”, dove “ohayo” sta per “buongiorno” in giapponese), il cartone animato racconta di Spank che viene adottato dalla protagonista, Aika, rimasta traumatizzata dalla morte del suo curioso cane dal manto celeste.



Aika è orfana di padre, scomparso in un incidente in barca ma che lei spera di veder riapparire prima o poi nel porto della sua città. Sarà con Spank che condividerà il passaggio dall’adolescenza all’età adulta e scoprirà la vera sorte di suo padre. L’anime comunque resta improntato alla comicità e risolve anche i momenti malinconici con buffe gag.

Negli anni Ottanta metà dei miei amici aveva un gatto: il 30% lo aveva chiamato Giuliano come quello di “Kiss me Licia”, il 50% Torakiki come l’amico di Spank, mentre un 20% aveva optato per Micia come la gatta persiana pseudo fidanzatina di Spank, snob e molto contesa fra gli animali protagonisti della serie.

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Nel doppiaggio originale giapponese Spank, Torakiki e Micia non parlano, ma si limitano ad abbaiare o miagolare. Nella versione italiana invece comunicano con gli esseri umani attraverso un linguaggio elementare ma divertente. L’idea l’ha avuta la doppiatrice di Spank, Liù Bosisio, attrice eclettica e anche voce di Marge dei Simpson, Banner lo scoiattolo, il primo Doraemon e Piperita Patty dei Peanuts.

 

Io e la mia combriccola di amichetti decidemmo di adottare un cane randagio e battezzarlo con il nome di Spank. Per questo motivo costruimmo la famosa baracca nel boschetto, quella dove avvenivano le magiche trasformazioni della bambina che credeva di essere Lulù. Facevamo a turno per portargli da mangiare, le coperte e tutte le cose di cui poteva avere bisogno. E il giorno della sua scomparsa organizzammo un funerale faraonico: un composto corteo di bambini in fila indiana seguiva commosso la cariola che trasportava la salma del povero cagnolino, pronto per essere seppellito nel bosco.

 

Gli amici di Spank sono diventati personaggi cult del mondo dell’animazione. Impossibile dimenticare l’antipatica Serina – la padrona di Micia – sempre pronta a mettere i bastoni fra le ruote nel corteggiamento fra Rei e Aika. Chi è Rei? Ma quel fesso che non ci stava mai con nessuna, adulato da tutte le ragazze della serie. Poi c’era la mia preferita: la vecchia signora Saki, la governante di Aika che sveniva ogni volta che Spank la spaventava.

 

La sigla di Spank è talmente famosa che quando si provò a sostituirla con una nuova cantata da Cristina D’avena, i fan ci misero pochissimo a insorgere e a chiedere il ripristino di quella originale.

 

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Curiosa anche la sigla tedesca di Spank, che è praticamente identica all’italiana “Siamo quelli di Beverly Hills”.

 

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L’azienda modenese Mama Quevo ha comprato i diritti sull’immagine di Spank per Italia e distribuisce magliette, felpe, borse e peluches con la sua effige. Bellissima idea. Peccato però che si sia un po’ svilito lo spirito originale del cartone animato accostando l’immagine del cane a tormentoni e mode della cultura pop nostrana. Nessuno me ne voglia, ma io non indosserei mai una t-shirt con Spank che ripete battute dei comici di Zelig o che fa il verso a Briatore o alle canzoni di Povia. Più divertente l’idea di Fabio Volo che ogni mattina, nella sua trasmissione su radio Deejay, parla con Spank, usando le sue battute più divertenti.

 

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“Gabriele avete sotterrato un cane nel bosco?”. “Come fai a saperlo nonna?”. “Perché gli avete lasciato una zampa di fuori”. “Era solo per ricordarci dove l’avevamo messo”. Che ingenui siamo stati! Meno male mia nonna ed i vicini non hanno chiamato i Nas per farci arrestare.

 

Mi manca tanto Spank. Sia quello vero, adottato da noi bambini, che quello del mondo dei cartoni animati. E se anche voi ne avete nostalgia, provate a cercare dei negozi della vostra città il peluches originale. Che, ahimè, non è però a buon mercato!

 

(Gabriele de Risi)

 

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