Quando laffetto diventa ricatto, i miseri gesti della vita insieme possono tessere una rete che immobilizza luomo, e lo fa ammuffire. Ce lo testimonia Sebastiàn Silva, giovane regista cileno, seguendo con minuzia esasperante morte e rinascita di una cameriera. Con Affetti&Dispetti (La nana) realizza un film scarno e profondo, vincitore di più premi (Gran Premio della Giuria al Sundance Film Festival e Migliore attrice al Festival di Torino).

Raquel, opulenta quarantenne abbruttita (Catalina Saavedra), vive da ventanni come governante nella casa della famiglia Valdès, abbarbicata allaffetto dei quattro bambini che ha cresciuto e ai ritmi rituali di spazi non suoi. Unico rifugio una stanzetta infantile, dove tre orsacchiotti e le foto della famiglia per cui lavora disegnano lasfittica immobilità della sua vita. Laffetto la circonda e lautorità imperiale su stoviglie e detersivi le dà lillusione di avere un luogo suo.

La signora Valdès, colta madre altoborghese addolcita dalla fede, vive un senso di gratitudine e colpa verso la domestica, giustificandone i modi bizzosi. Ma il morboso attaccamento monta nello sguardo inquieto di Raquel, affannoso nel cercare laffetto del figlioccio Lucas, rancoroso e crudele quando si posa sulla maggiore Miranda, colpevole di allontanarsi dalla rete domestica tessuta con dedizione.

Unemicrania invadente è messaggera che la vita non può continuare a questo modo e, quando la famiglia decide di affiancarle unaiutante, il demone della gelosia la possiede, trasformandola in belva accecata, pronta a tutto pur di difendere il territorio.

Si apre una guerra tragicomica tra fornelli e sgabuzzini, con la varichina usata per disinfettare le tracce estranee delle altre domestiche. Quotidianamente si ripete lo sfregio rituale e Raquel chiude fuori le candidate, usando la porta blindata come limite inaccessibile al suo mondo.

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La frustrazione fa capolino dietro ai gesti quotidiani: lenzuola sporche diventano sopruso e minaccia, il disinfettante vessillo d’odio e chiusura. Dietro alla marca di un golf cova il rancore di classe che avvelena. L’inferno domestico esplode lasciando vittime simboliche sul campo di battaglia: il veliero del padre distrutto, il gattino di Miranda defenestrato, l’umiliazione delle altre domestiche. La guerra culmina nella zuffa selvaggia con la troglodita Sonya, cinico e rude donnone dai grandi polpacci che, rimasta fuori, assalta la casa come una fortezza e si avventa furiosa su Raquel.

Ma ecco, come uno spiraglio di liberazione, arriva Lucy, lo sguardo limpido e sicuro di chi sa di essere amato, reagisce ai tiri di Raquel con ironia, denudandosi in giardino e rimarcando che lei, in quella casa, non ci vuol certo ammuffire. Che la sua vita è altro.

Piange sul rancore cieco di Raquel e abbraccia il suo bisogno famelico di essere amata. Smaschera il vizio della collega, il modo soffocante di voler strappare l’affetto come un cane sotto il tavolo, una dedizione storta, che nasce dalla solitudine e dall’insicurezza. Lucy invita Raquel dai suoi per Natale: la accoglie una chiassosa famiglia allargata, col calore gioioso e così poco borghese che immaginiamo nelle case sudamericane.

Tra lo srotolarsi sterminato dei campi e la goffa scoperta dell’erotismo, il mondo di fuori irrompe nella vita di Raquel, squarciando lo spazio claustrofobico di casa Valdès. Sotto lo sguardo di Lucy la cameriera inizia a respirare, a vivere i rapporti con libertà, ad avere nostalgia della sua vera casa. Tutte cose che si scoprono solo quando si è amati.

Un film fatto di poco, di corpi denudati nella propria misera umanità, nel bisogno d’amore che può tradursi in brama cannibale. Un racconto persino fastidioso nel lento e preciso inseguire le bassezze quotidiane che punteggiano ogni convivenza.

Un film talvolta anche noioso ma profondamente vero nel denunciare il lato oscuro dell’amore, la violenza di quando s’impone all’altro di riempirci la vita e si finisce con l’odiare. Nel finale, la corsa di Raquel, nata come goffa imitazione, ci richiama alla mente le parole di Gaber, contro ogni imborghesito cadersi addosso nell’angusto spazio delle proprie case: “Bisogna ritornare nella strada per conoscere chi siamo”.

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Trailer fornito da Filmtrailer.com