«Sono convinto che il poeta di Recanati non è assolutamente un pessimista, anzi: è un realista; «Non so nemmeno se mi troverò di fronte poche o tante persone; «Io credo che solo una cosa può salvare il mondo: lapertura al Mistero, la fede in Dio. Spero che le parole di Leopardi arrivino a tutti quelli del Meeting come alimento, perché è la fame quella che Dio ci ha dato. Fame, appetito, perché continuiamo a cercarLo.

Nella sua introduzione alla serata che ieri il XXXI Meeting di Rimini ha voluto dedicare a Giacomo Leopardi («Uno degli autori che ci è più caro) – Che fai tu, luna, in ciel?, per la regia di Otello Cenci -, la padrona di casa Emilia Guarnieri, nella qualità di presidente della fondazione Meeting per lamicizia fra i popoli, ha tenuto a ricordare al numerosissimo pubblico convenuto i passi più significativi dellintervista rilasciata da Giancarlo Giannini e pubblicata su queste pagine.

Lattore italiano è alla sua prima apparizione dal vivo nei padiglioni della Fiera Nuova di Rimini: era infatti intervenuto solo virtualmente al Meeting già due anni fa, interpretando in video uno dei readings de La Straniera, lo spettacolo multimediale di apertura di quelledizione, tratto da La Rocca di Thomas Stearns Eliot sempre per la regia di Cenci.

E il consumato uomo di teatro e di cinema sulle prime ci è apparso non indifferente alla presenza fisica della folta platea riminese, oseremmo dire quasi leggermente contratto dallurto con il pubblico del Meeting – davvero generoso di applausi (fin troppo, per la verità, nei passaggi iniziali del suggestivo spettacolo) – che ha stipato la Telecom Italia Arena D3, una sorta di freno che si è allentato via via che lora abbondante di recital scivolava via sia dal palco che dai quadranti degli orologi.

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In una scenografia essenziale, i primi a prendere la ribalta sono stati i componenti dello SchuberTrio – formazione al decimo anno di attività, avendo esordito nel 2000 con il Trio con pianoforte n. 2, op. 100 di Franz Schubert, che ne ha ispirato il nome -, ovvero Giulio Giurato (pianoforte), Roberto Noferini (violino) e Andrea Noferini (violoncello). Durante l’esecuzione del secondo brano musicale in programma, ha fatto il suo ingresso l’artista Alessandro La Motta, ad animare dal vivo – con il proprio lavoro su tela avente per tema il titolo del recital – il dialogo avviato dalle note proposte dallo SchuberTrio.

 

È stata poi la volta della giovane attrice Maria Laura Palmieri (classe 1989) portare sul palco le prime parole dello spettacolo. Ma non i versi del poeta di Recanati, bensì alcuni passaggi che lo riguardano di uno dei suoi più grandi estimatori, nonché punto sorgivo della spinta ideale di questa esperienza che è il Meeting: Luigi Giussani.

 

Quarta e ultima apparizione sulla scena della serata, il compassato Giancarlo Giannini che – accompagnato dagli applausi del pubblico – ha avviato la recita di A Silvia, duettando con le meditanti note del Trio con pianoforte n. 2, op. 100. «Silvia, rimembri ancora / Quel tempo della tua vita mortale, / Quando beltà splendea / Negli occhi tuoi ridenti e fuggitivi, / E tu, lieta e pensosa, il limitare / Di gioventù salivi?»: in platea alcuni si sono di certo abbandonati a qualcosa di più di una suggestione, come quella di chiudere gli occhi e ascoltare la suadente voce italiana di Al Pacino – o, de gustibus, Jack Nicholson – recitare i versi di Giacomo Leopardi, per poi riaprirli e gustarsi sul palco Giancarlo Giannini in carne e ossa prestare gli affabili tratti del volto e le eleganti modulazioni vocali agli immortali versi del recanatese.

 

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E mentre la mano creatrice di La Motta non conosceva pause – con la regia di Cenci che rendeva possibili al pubblico scorci in soggettiva della tela “in divenire” attraverso una microcamera -, lo SchuberTrio e Giannini, accompagnati dalla presenza in scena e dalla voce della giovane Palmieri, procedevano nella loro personale “lettura”, ciascuno secondo il linguaggio che gli è proprio, dei brani tratti dai Canti. Oltre A Silvia, sono stati proposti Il pensiero dominante, Canto notturno di un pastore errante dell’Asia – il cui incipit ha fornito lo spunto per il titolo dell’evento -, Alla sua donna e in chiusura L’infinito, i cui versi sono stati inizialmente introdotti dal pianoforte di Giulio Giurato con le note del primo movimento della Sonata n. 14 op. 27 n. 2 “Al chiaro di luna” di Beethoven e poi chiusi da una ripresa del Preludio op. 28 n. 15 “Goccia d’acqua” di Chopin.

 

In conclusione, nell’assortita coralità della prova fornita da tutti i presenti sul palco, ci ha colpito il ruolo della tela di La Motta che andava via via arricchendosi e completandosi in tempo reale e senza interruzioni durante il recital mentre la platea veniva investita dal “grido” dei versi di Leopardi e delle note di Schubert, Beethoven e Chopin, rappresentando una componente scenica di notevole potenza evocativa: un gesto denso come la materia della propria creazione che proseguiva sicuro il suo compito mentre la domanda di significato che spazialmente lo ricomprendeva, pareva però trascenderlo al punto tale da apparire quasi come invocazione delle proprie natura e continuità. Le due autentiche “gocce d’acqua” di questa magnifica serata riminese.