Shrek ha finalmente una famiglia con tre bellissimi orchetti e una moglie praticamente perfetta. Ma qualcosa, nella sua vita, sembra non funzionare. Nostalgico del suo glorioso passato da orco, Shrek sente la mancanza della sua vita prima della famiglia, fatta di divertimenti, pazzie e tanto tempo per sé stesso. Gli arriva in aiuto il perfido Tremotino, che gli propone la firma di un contratto che gli permetterà di tornare un orco come lo era una volta. In cambio Shrek dovrà regalare un giorno della sua vita a Tremotino che sceglie, all’insaputa dell’orco, il giorno della sua nascita. Shrek si ritroverà quindi in un mondo dove lui non è mai esistito e dove né Ciuchino né Fiona, lo conoscono. L’unico modo per salvarsi è ottenere un bacio di vero amore.
Finalmente è arrivato nelle sale il quarto e ultimo capitolo della saga dell’orco verde, Shrek e vissero felici e contenti. Finalmente perché almeno ci toglieremo dalle scatole una delle saghe più insulse, stupide (ma dagli alti incassi) della storia del cinema d’animazione.
E sì che il primo capitolo uscito nel 2001, aveva risollevato le sorti della Dreamworks, sia dal punto di vista finanziario (La strada per El Dorado non fu propriamente un successo commerciale) che da quello della critica, letteralmente conquistata da un prodotto coraggioso, capace di distaccarsi dai canoni Disney con un umorismo più aggressivo che strizzava spesso un occhio anche al pubblico più adulto con citazioni continue al mondo delle favole e del cinema e una colonna sonora che non sbagliava un colpo.
A fronte dei buoni incassi (dovuto anche alle buone vendite nell’home-video), la Dreamworks mette in cantiere il secondo episodio: tre anni dopo esce il pessimo Shrek 2 che decreta il progressivo e veloce deterioramento dei personaggi, che infatti, riproposti in Shrek Terzo, dimostrano effettivamente una stanchezza di fondo che rende ripetitivo il film.
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La musica purtroppo non cambia nemmeno con il quarto capitolo. Ma d’altronde non è una novità che in Casa Dreamworks se ne freghino in modo assoluto della sceneggiatura e che portino avanti i loro film solo con le faccette tenere dei personaggi, alcune gag trite e ritrite, la solita canzone orecchiabile e qualche citazione cinematografica senza un’effettiva utilità. Le cose sembravano cambiate con i carini Kung fu panda e Dragon trainer, ma Madagascar 2 e infine, questo quarto film di Shrek non hanno fatto altro che confermare le cattive abitudini della casa di produzione americana.
E quindi il quarto film con l’orco verde è la solita routine di faccine carine e battute già sentite, ostinato nel suo voler riproporre la stessa identica morale del primo film (come peraltro già facevano i due film precedenti), con una trasformazione però nel significato. Perché se nel film capostipite della serie, l’orco Shrek era un anti-eroe fatto e finito, col tempo Shrek non ha fatto altro che diventare l’ennesimo eroe buonista e senza mordente. Lo stesso mordente che manca anche a questo capitolo finale, noioso sin dalle prime inquadrature e mortalmente prevedibile.
Ma in fondo questo è quello che ci vogliono vendere, e questo è quello che guardiamo e lasciamo guardare ai nostri figli, che di certo si meritano prodotti più stimolanti, divertenti, capaci di metterli di fronte, oltre che a una bella storia, anche a tematiche pronte a farli riflettere.
Shrek e vissero felici e contenti è la chiusura di una dei capitoli più degradanti del cinema d’animazione. E se pensate che sia finita, l’anno prossimo è pronto per sbarcare nei cinema lo spin-off sul Gatto con gli stivali.