Cera una volta lo Zecchino dOro, con un repertorio di canzoncine orecchiabili eseguite da bambini composti e sorridenti, alcuni dei quali, anni dopo, sono diventati cantanti noti del panorama musicale italiano.

Far cantare i bambini in tv non è certo unidea nuova, ma il ritorno autunnale dei due programmi gemelli di Rai Uno e Canale 5, Ti lascio una canzone (condotto da Antonella Clerici) e Io Canto (con Gerry Scotti), che portano giovanissimi talenti sul palcoscenico, ha già suscitato polemiche e acceso dibattiti.

Cosa è cambiato dai tempi del Coro dellAntoniano? Le canzoni, direbbe qualcuno. Abbandonati i motivetti confezionati su misura dello Zecchino dOro, infatti, sono i brani da adulti ora a fornire il materiale su cui questi professionisti in erba si cimentano senza paura. Da Anna Oxa a Morandi, da John Lennon a Celine Dion, nessun nome è troppo reverenziale per i baby-cantanti, che si esibiscono sul palcoscenico con una naturalezza e una padronanza di sé a volte sconcertanti. Arrivano, cantano, prendono i loro applausi, spesso rivelando una voce già adulta difficile da associare alla loro verde età (molti di loro, l11 settembre 2001 avevano ancora il biberon).

Inoltre, è cambiato il contesto. Nellera di Glee e dei talent show, dove la luce dei riflettori non spaventa più nessuno, lesibizione di un bambino davanti a una telecamera non sembra più tanto innocente come un tempo. Considerando poi che entrambi i programmi sono destinati a un pubblico generalista, è evidente che ci sono gli adulti dietro a tutto – i genitori che mandano i figli in Tv, e gli spettatori che apprezzano.

Ma perché siamo così attratti dai baby-cantanti? Premesso che la musica in tv piace sempre, perché si può ascoltare anche facendo altro, senza dover per forza restare incollati al televisore, questi artisti in miniatura sembrano avere una carta in più per fare audience. Innanzitutto sono bravi. Difficile dimenticare lesibizione della ragazzina acqua e sapone che, chitarra alla mano, ci ha regalato in una puntata di Io Canto una splendida versione country di Angel di Sarah McLachlan, discostandosi dal repertorio dei soliti noti.

PER CONTINUARE A LEGGERE LARTICOLO CLICCA IL PULSANTE >> QUI SOTTO

E poi fanno tenerezza, certo; forse guardandoli ci si vuole illudere che l’innocenza sia ancora salva, dopotutto, anche in tv, perché qui si ascoltano i pezzi cult della tradizione musicale senza dover assistere alle noiosissime dispute tra giudici e ai dietro le quinte da reality show di X-Factor o Amici. Se poi si considera che la Clerici e Scotti sono i due volti più rassicuranti della tv italiana, il risultato è garantito. Insomma, furbescamente i due programmi propongono un mondo innocente, pre-Maria de Filippi, dove l’atmosfera è prudentemente lontana dall’idea di gara e competizione che caratterizza le sfide “adulte” per puntare invece sul clima di festa, di amicizia e grande famiglia.

 

Peccato che, alla fine, la tentazione di virare dallo spettacolo familiare alla gara ci sia sempre: infatti, il premio per il vincitore di Io Canto è un viaggio in America, per studiare canto con un professionista d’oltreoceano. Coltivare il talento va bene, ma i bambini dovrebbero fare i bambini; e, come ha sottolineato il direttore di giuria dello Zecchino d’Oro, Alessandro Caspoli, i bambini dovrebbero essere formati con pazienza, non spinti alla scalata televisiva.

 

Qualcuno direbbe che, se il talento c’è, è buona cosa che venga coltivato e fatto conoscere: ma il “giusto mezzo” sfugge di mano in fretta alla televisione. Il rischio dell’eccessivo spazio concesso a questi programmi (c’era proprio bisogno di averne due contemporaneamente?!) è che i ragazzini finiscano per abituarsi a essere parte del flusso mediatico, che spinge tutti a trovarsi a proprio agio davanti alla telecamera e, anzi, a desiderarlo, passando in fretta dalla dimensione del gioco a quella dell’ambizione.

 

Da un lato, ormai la tv è diventata la via più semplice per mostrare il proprio talento bruciando le tappe; dall’altro, salire su un palcoscenico è balzato in testa alle classifiche dei “sogni per il futuro” dei minori, bombardati da Hannah Montana, High School Musical, Camp Rock & company.

 

In ogni caso, visto il trend contemporaneo, speriamo di non ritrovarci prossimamente a dover sopportare l’invasione dei baby-concorsi di bellezza in stile americano, ritratti in film come Little Miss Sunshine: di fronte a questa prospettiva, c’è da augurarsi che “l’era musicale” duri il più possibile.