La conferenza del film Un giorno della vita inizia con l’eco del caloroso e spontaneo applauso del gruppo di giornalisti, accorsi numerosi ad accogliere la pellicola, esploso subito dopo la fine della proiezione dell’opera prima di Giuseppe Papasso. Il primo a prendere la parola è Christian Lelli, il produttore, che non nasconde la sua soddisfazione per il livello qualitativo raggiunto, professando ottimismo per quanto riguarda la distribuzione «uscirà inizialmente in 30 sale, ma puntiamo ad arrivare a 50.



Al breve intervento del produttore, segue quello del regista e sceneggiatore del film, Gianluca Papasso, che ci tiene a precisare che  «l’obiettivo era raccontare una favola sul cinema e un mondo che non esiste più. La storia è stata scritta da Papasso pensando al film francese I quattrocento colpi di François Traffaut ma nel corso dell’elaborazione della storia ammette di aver subito inconsapevolmente altre influenze «soprattutto Peppone e Don Camillo di Guareschi e Giuseppe Tornatore perché afferma «certi modelli ti rimangono addosso, attaccati sulla pelle.  Lanno scelto per l’ambientazione della storia non è casuale, visto che come ha sottolineato l autore «ho scelto il 1964 perché è un anno di svolta per la politica, la cultura e la società italiana, non solo per la morte di Palmiro Togliatti ma anche perché escono i primi topless, il concilio e nascono le prime sale cinematografiche parrocchiali Negli occhi dell’esordiente si intravede la sua soddisfazione per la qualità del lavoro compiuto «nonostante il budget limitato, la complessità dei ruoli e delle scene e la contrapposizione tra la parte di cast giovane ed esordiente e gli attori di livello internazionale.



Parole di entusiasmo verso il film anche dagli attori principali: Maria Grazia Cucinotta «ti fa vedere il mondo con gli occhi di un bambino», Alessandro Haber «il ruolo del giornalista che è una sorta di angelo protettore mi è subito piaciuto, per l’ idea stessa di rimettermi in gioco, allo stesso livello di chi inizia adesso» e Ernesto Maiuex «mi piace questo prete perché mi ricordava una specie di Don Camillo». Perché dovremmo andare a vedere il film? Ci risponde il piccolo protagonista, Matteo Basso, visibilmente emozionato nonostante le “cure” di mamma Cucinotta, che con l’ innocenza dei suoi dodici anni riesce solamente a sussurrare al microfono «Perché è bello». Una piccola storia dalle grandi emozioni.



 

(Matteo Zinanni)