Ha rubato il nome alla sua protagonista, ma con Via col Vento non ha niente a che fare. Rossella, serie in sette puntate prodotta da Raifiction, è una classica fiction italiana in costume, uno sceneggiato moderno ben confezionato, ma senza eclatanti novità.
Lambientazione nella Genova dei vecchi carrugi è indovinata, accompagnata da unaccurata ricostruzione di interni, costumi, dettagli che restituiscono la vita quotidiana dellepoca. Siamo negli anni a cavallo tra Ottocento e Novecento, segnati dalle disuguaglianze sociali, lillusione del colonialismo e la posizione marginale della donna nella società; su questo sfondo si dipana la storia di Rossella (Gabriella Pession), figlia di un ricco industriale che ha allontanato la moglie per soffocare uno scandalo e ha finto con tutti che sia morta.
In un mondo in cui sono gli uomini a decidere, Rossella ha un futuro già tracciato davanti a sé, ma il suo carattere ribelle la spinge a rifiutare il matrimonio combinato dal padre in nome dellamore per uno squattrinato giornalista, Giuliano Sallustio (Giuseppe Zeno). I due si sposano, lottano contro le difficoltà economiche e infine lei scopre di aspettare un bambino, proprio quando sta per seguire il marito in Africa: per non metterlo in difficoltà, non gli dice nulla e lo lascia partire, affrontando da sola la gravidanza e le disavventure quotidiane.
Ad aiutarla, però, cè il nobile Riccardo, medico illuminato, sposato con la gelosissima Sophie che subodora un attaccamento eccessivo del marito per Rossella; perciò mette in atto un piano di vendetta, che andrà a complicare la vita della protagonista. E come se non bastasse, il marito si sta infilando in un traffico darmi che rischia di trascinare la famiglia in una situazione incerta e rischiosa.
La Pession è brava nel suo ruolo, Monica Guerritore è straordinaria come sempre nella parte della madre tormentata, che torna a cercare la figlia dopo anni di assenza e affronta il marito a testa alta; e i personaggi minori vanno a formare un quadro interessante di caratteri e destini incrociati. Ma la sceneggiatura, come nella maggior parte delle fiction italiane dellultimo decennio, lascia un po a desiderare e la noia di tanto in tanto sinsinua prepotente, si comincia a prevedere con inquietante precisione cosa accadrà nella scena successiva e, in definitiva, si perde interesse.
Il problema di questi prodotti è che, a differenza di storie come Via col Vento (va bene, qui non siamo al cinema, ma il paragone è giustificato dal voluto riferimento al nome della protagonista), manca il coraggio di creare personaggi diversi dal solito e aprirsi a una dimensione più universale. Rossella O’Hara è passata alla storia perché non è una donna convenzionale; è egoista, viziata, testarda, ma tutti noi la adoriamo perché ha avuto il coraggio di sopravvivere a una guerra che ha travolto la sua famiglia, la sua terra, la sua intera società. È una donna che ha fatto nascere il bambino della sua rivale e ha raccolto patate e cotone, capace di sposare un uomo per denaro, così come di amare un ideale fino alla disperazione.
La protagonista della serie nostrana, invece, agisce esattamente come ci si aspetta dalla primadonna di una fiction italiana: segue il suo cuore, rinunciando alla ricchezza e all’appoggio paterno per sposare il suo giornalista povero ma bello. È sempre buona, onesta e coraggiosa, non sembra (finora, almeno) avere lati oscuri, quelli che rendono un personaggio più interessante da seguire nel suo percorso. Tutto sommato risulta più intrigante Giuliano, che sta percorrendo una strada pericolosa e dovrà, probabilmente, toccare il fondo prima di risalire, cambiato e più consapevole (si spera).
Sì, la fiction è un buon romanzo popolare che può intrigare il pubblico, attirato dalle atmosfere, dal fascino del passato, dagli intrecci disseminati di svolte ed eventi e dalle tematiche classiche del melodramma tv, l’amore contrastato, la vendetta e il perdono, l’ingiustizia sociale e la lotta contro il destino. Ma siamo sempre fermi allo stesso punto, e in Italia continua a mancare una penna in grado di creare personaggi complessi e indimenticabili, buoni o cattivi che siano, in grado di tener testa ai modelli stranieri.