Ieri a Chi vuol essere milionario, per la terza volta in tutta la storia della trasmissione, è stato vinto il massimo premio, un milione di euro. In queste settimane torbide, ci aggrappiamo anche a un quiz per riprendere un po di respiro. Innanzitutto perché si tratta di una delle migliori trasmissioni in circolazione sulle nostre reti, capace di intrattenere con garbo, pulizia e intelligenza. Who wants to be a millionaire è un format diffuso in tutto il mondo, capace di attecchire nelle culture e società più diverse (si veda ad esempio il film The Millionaire).

Format significa struttura e il Milionario ha una costruzione drammatica perfetta, basata su un percorso narrativo ferreo ma intrigante. Quando fece la sua comparsa sul mercato internazionale, lanciato da una piccola casa di produzione, la Celador, segnò una rivoluzione nel panorama dei quiz. Per la prima volta si rovesciò il tabù del tempo. Nel Milionario conta che la risposta sia giusta, non che sia data in fretta. Ciò permette al programma di mantenere tensione, ma in un clima di dialogo, nel quale i protagonisti ragionano ad alta voce.

In secondo luogo il programma consacrò il cosiddetto multiple choice. Il concorrente, e con lui il telespettatore che gioca da casa, non è di fronte a un vago ignoto, ma deve scegliere tra quattro opzioni preconfezionate. La scelta è un elemento drammatico fortissimo e, come insegnava la Poetica di Aristotele, lo è ancor più se cè sproporzione tra lazione e leffetto che essa produce. Un piccolo errore e tutto è perduto: cosa cè di più avvincente? così anche nella vita, nella quale, se pensiamo davvero alle conseguenze delle nostre azioni e del nostro stesso essere nel mondo in un modo o in un altro, siamo travolti dalla vertigine. Possiamo pensarlo come un destino algido, o piuttosto come unamorevole provvidenza, ma è un fatto che non controlliamo un bel niente della nostra vita e di quello che come novelli apprendisti stregoni facciamo succedere.

In terzo luogo, il Milionario permette gli aiuti: anche questa è una piccola ma bella metafora dellesistenza concreta. Una reclame qualche anno fa ci voleva convincere che luomo vero non deve chiedere mai. Spiace dirlo, ma quello lì finisce sempre male. In quarto luogo, nel Milionario non è detto che vinca il più colto, ma comunque fa piacere conoscere persone che apprezzano Manzoni, che sanno cosa sia la Genesi, che ricordano le leggi di Mendel, che, in una parola, leggono, hanno letto, vogliono leggere. Così è la simpatica signora che ha intascato il milione dalle mani dellottimo Gerry.

Non è apologia del nozionismo. È il gusto di conoscere. La cultura si fa col giudizio e non con l’accumulo delle pagine, ma ci vuole pur sempre l’apprendere, lo studio, il lavoro. Invece, chi ha insegnato ha visto l’abisso di ignoranza di docenti e alunni che non sanno niente di tutto. Dio ci scampi dagli intellettuali organici. Ma, per favore, anche dall’arroganza cafona e greve, dalla stupidità dei sentito dire, dalla superficialità sistematica e pigra (Flatlandia, diceva Abbott).

 

Infine, ci si permetta una parola più impegnativa. Sarà pur sempre un quiz, ma è un piccolo squarcio di azzurro nel cielo plumbeo di questi tempi. Lo scontro in atto in queste ore tra i titani del potere sembra provocare in noi una nausea, un groppo allo stomaco, un capogiro che mozza il fiato e impedisce ogni reazione. Ma non è per la morale ferita, né per la sorpresa delle debolezze dell’uno o dell’altro. È per la menzogna. Nulla atterra l’uomo e la sua umanità quanto il confine incerto tra il vero e il falso.

 

Usare tutti i mezzi possibili (giornali, polizie, cimici, comici, istituzioni, donnine, intellettuali, talk show) non per la ricerca della verità, ma per far apparire vera la propria opinione è l’immoralità suprema. Il format del diavolo è confondere il vero e il falso. Invece, per fortuna, nel quiz non c’è dubbio. La verità c’è. La risposta è sbagliata oppure, evviva, ce l’hai fatta, la risposta è esatta!