Le opere letterarie continuano a ispirare le miniserie Tv di Rai Uno, nel solco della tradizione dei vecchi sceneggiati. Stavolta tocca alla Signora delle Camelie di Alexandre Dumas figlio, da cui Giuseppe Verdi prese spunto per La Traviata, trasformarsi in un melodramma romantico in costume che porta il nome della sua protagonista, Violetta.
Nella versione televisiva la storia damore tra la bella cortigiana interpretata da Vittoria Puccini e il giovane e romantico Alfredo (Rodrigo Guirao Diaz) si svolge nel 1849, allepoca dei fermenti rivoluzionari in Lombardia contro il dominio austriaco. Alfredo, uno studente di giurisprudenza, idealista e passionale, rimane incantato dalla bellezza e dalla vitalità di Violetta Valery, che però nasconde un passato oscuro e rifiuta di innamorarsi. Come la Satin di Nicole Kidman, protagonista di Moulin Rouge (ma il paragone si ferma qui).
Anche se tra i due scatta un feeling speciale, la tragedia incombe fin dallinizio. Gli attacchi improvvisi di tosse ci lasciano intuire la verità: Violetta è malata di tisi. I due giovani si corteggiano a teatro e alle feste, accompagnati dalla musica di Verdi, ma discutono anche di politica e di libertà, mentre Violetta sviene, si riprende, sparisce, ritorna.
La gelosia di Alfredo si scatena quando scopre che la donna di cui si sta innamorando è in realtà loggetto del desiderio di molti uomini, ai quali comunica la propria disponibilità esibendo un mazzo di camelie bianche. A proteggerla è il Duca di Sagrado, che sostiene di essere per lei una figura paterna ma si dimostra profondamente geloso di Alfredo. Da parte sua, Violetta oscilla tra lattrazione per il ragazzo diverso, spontaneo e sensibile, e la sua decisione di non innamorarsi mai, in una successione di dialoghi ad alto tasso glicemico. Quando la passione infine trionfa, però, il giovane ribelle viene arrestato durante uno scontro e finisce in prigione, insieme ad altri studenti che intonano Va pensiero.
I due amanti si scrivono e si pensano finché Alfredo non è rilasciato e raggiunge di corsa la sua Violetta, pettinato e pulito come se fosse reduce da un servizio fotografico.

Ma il loro progetto di vivere insieme si scontra ben presto con l’opposizione del Duca e con l’ossessione di Alfredo per il passato di Violetta, che lei rifiuta di rivelare. Si intuisce così il tema della storia, la necessità di amare una persona per quello che è, compresi i suoi lati oscuri.
Secondo un meccanismo tipico delle fiction in costume e delle biografie, la vicenda si snoda tra il passato e il presente: la relazione tra Alfredo e Violetta è infatti ricostruita in flashback, a partire dalle domande che un messo imperiale sotto mentite spoglie, Andrea Caleffi, rivolge alle persone che hanno conosciuto Violetta. La Puccini è a suo agio nel ruolo della languida protagonista, che si spoglia per il suo amante dal fisico perfetto, mentre agli incontri amorosi si alterna la trama politica, inserita evidentemente per distaccarsi dai modelli precedenti. Il risultato è una fiction senza infamia e senza lode, che sfoggia una scenografia accurata e una bella colonna sonora senza però accendere gli animi. Il ritmo è prevedibilmente lento, il tono spiccatamente melò, ma c’è un ingrediente che manca nella ricetta del classico polpettone televisivo: la commozione. Non c’è tensione, nella storia d’amore così come nella cornice, che poteva essere evitata senza che la trama ne soffrisse. La sensazione è che si punti ormai più sull’estetica che sulla profondità, riducendo i sentimenti a delle seducenti immagini e parole che però non arrivano al cuore. Resta da vedere se, con l’incombere del tragico e noto finale, la seconda puntata riuscirà a coinvolgere più della prima.