I soldi non ci sono: per rilanciare lo sviluppo stiamo cercando di inventarci qualcosa. Parola di Silvio Berlusconi, che ai tecnici del ministero del Tesoro ha dato un ordine perentorio: siccome idee e trovate più o meno geniali le abbiamo tentate tutte – è stato il succo del discorso fatto dal Premier -, provate a dare un occhio allestero per vedere se possiamo aggrapparci a qualche spunto interessante. E non fatemi troppo arrabbiare Antonio Di Pietro, che è sempre pronto a togliermi le escort dalle stanze (che è poi il suo personalissimo modo per esprimere il concetto di mettere i bastoni tra le ruote). Mi raccomando però – ha subito puntualizzato Tremonti -: che loperazione sia a costo zero. Detto fatto, i tecnici del ministero hanno febbrilmente sfogliato le maggiori riviste free press (Metro, Leggo e City) alla disperata ricerca di soluzioni innovative. E alla fine hanno pescato tre notizie, apparse recentemente, che hanno subito tradotto in altrettante proposte, inserite nel Decreto sviluppo, per sostenere il gettito fiscale, lexport del made in Italy e lindustria del turismo.
La tassa sul reggiseno. La prima notizia arriva dalla Gran Bretagna, dove lAgenzia delle Entrate inglese ha manifestato lintenzione di far pagare il 20% di Iva a chi vorrà sottoporsi a un intervento di chirurgia plastica senza che ve ne sia necessità medica. stata ribattezzata come la boob tax, cioè la tassa del seno. I solerti tecnici del Tesoro hanno preso di petto la proposta. Anziché far pagare solo lintervento estetico al seno, hanno pensato a una nuova tassa che ne colpisca il possesso: verrà dunque applicata unaliquota a tutte le donne – studentesse, lavoratrici autonome, dipendenti o disoccupate – che indossano un reggiseno a partire dalla terza taglia. Per rispettare il principio costituzionale della progressività dellimposizione, il Tesoro ha stabilito diverse aliquote in base alla prosperità del bene. Chiamata con lacronimo I.R.TE.T.T.O.N.A. (Imposta sui Reggiseni dalla TErza Taglia alla Tredicesima e Oltre Non Andiamo), la tassa dovrebbe entrare in vigore dal 1 gennaio 2012.
Immediate le reazioni dal mondo politico. Compiaciuta della misura (dei tecnici ministeriali, non del suo seno) il ministro per le Pari opportunità, Mara Carfagna: “Pagherò volentieri questa tassa. Anzi, spero che il Governo ne introduca una anche sul pomo d’Adamo, così da evitare qualsiasi rischio di discriminazione tra i due sessi”. Prese di posizione anche dalle star dello spettacolo. Sabrina Salerno e Jo Squillo hanno ribadito: “Siamo donne, oltre le tette c’è di più!” e i tecnici del Tesoro hanno subito pensato che fosse un invito esplicito a tassare anche fianchi, gambe e glutei. E se Rocco Siffredi si è detto ben felice di fare il “delattore fiscale” (“Segnalerò volentieri al numero dell’Agenzia delle Entrate 800.90-90-90 i casi più eclatanti”), Tinto Brass ha manifestato tutta la sua incontenibile soddisfazione: “Liscia, tassata o naturale, la mammella per me e il Pil è fondamentale”. Da segnalare anche il commento del matematico Piergiorgio Odifreddi: “Ok tassare il seno, ma perché non applicare una co-aliquota anche al coseno?”. Con l’Irtettona il presidente Berlusconi (che ha già in agenda una serie di incontri tete-à-tete con le maggiori contribuenti d’Italia) pensa di raccogliere almeno 40-45 miliardi di nuovo gettito.
E l’opposizione che cosa ne pensa? Antonio Di Pietro, presidente dell’Italia dei Valori con il Vento in Poppa, boccia la misura senza mezzi termini: “Questo Governo sa adottare solo una politica senile!” (avesse usato i mezzi termini, la sua dichiarazione sarebbe stata: “Que Gov s adot so u poli sen!”).
Più peso all’export. La notizia che ha attirato l’attenzione dei tecnici del Tesoro è che il prototipo del chilogrammo, conservato a Parigi sotto una coppa di vetro presso l’Ufficio Internazionale Pesi e Misure, sta perdendo peso. Gli esperti in giro per il mondo avanzano una serie di ipotesi. Secondo i luminari di medicina interna, il peso soffre di gastroenterite, perché emette dei gas che lo sgonfiano. Il suo personal trainer ritiene invece che il problema sia l’eccessiva sudorazione dovuta all’aumento della temperatura causato dal buco nell’ozono. La sua personal wedding planner pensa che sia colpa della solitudine: il chilo è talmente stressato che non va a l’etto da almeno un anno. Gli esperti della Settimana enigmistica, infine, sospettano che dietro la perdita di peso ci sia il tormento per non saper rispondere alla domanda: peso di più come chilo di paglia o come chilo di ferro? Alla fin fine, i vari gruppi di esperti, non riuscendo a mettersi d’accordo, stanno litigando sul da farsi e l’aria attorno alla sorte del chilo diventa sempre più pesante, mentre il chilo diventa sempre più leggero.
Ma questa diatriba scientifica ha lasciato indifferenti i tecnici del Tesoro, che si sono invece concentrati su un punto: perché non calcoliamo il peso dei prodotti esportati dal made in Italy non più con il chilo, ma con il chiletto, cioè un’unità di misura a metà strada tra il chilo e l’etto? A parità di valore della merce, ne venderemmo di più ottenendo maggiori ricavi, stimati in circa 50 miliardi di euro aggiuntivi. E l’opposizione che cosa ne pensa? Antonio Di Pietro, presidente dell’Italia dei Valori Un Tanto al Chilo, non è andato giù leggero: “Questo governo usa due pesi e due misure e anche il chilo ne risente”.
L’Albo dei pesci dottore. In fatto di trattamenti estetici è l’ultima moda: si chiama “fish pedicure” e prevede una vera e propria pedicure realizzata non dalle mani esperte di uno specialista, ma dalla bocca di decine di pesciolini appartenenti alla specie “Garra rufa”, che, originaria dei Paesi del Medio Oriente (Turchia, Siria e Giordania), è stata già ribattezzata “pesce dottore”.Su questa misura, il presidente del Consiglio si è tanto raccomandato con Tremonti perché l’acerrimo nemico Antonio Di Pietro non potesse contestare alcunché. “In quanto dottori, e benché siano pesci – ha subito pensato il ragionier Giulio – i Garra rufa dovranno pagare la relativa tassa di iscrizione all’Ordine di categoria”. Fatti quattro conti, si tratta pur sempre di un introito che viaggia intorno ai tre miliardi e mezzo di euro, non certo mangime per pesci!
Intervistato da “Acquario Oggi, Bistecca di Mare domani”, un Garra rufa che vuol mantenere l’anonimato, e che chiameremo per comodità Nemo, ha manifestato il totale disaccordo nei confronti della manovra, auspicando un intervento del sindacato. “Ma per ora acqua in bocca! Niente prese di posizione affrettate”. Richiesto di un parere, un pesce pappagallo che vuol mantenere l’anonimato, e che chiameremo per comodità Loreto, ha ripetuto con tono sesquipedale: “Ma per ora acqua in bocca! Niente prese di posizione affrettate” (certo, se si va a intervistare un pesce pappagallo, non è che si possono ricavarne dichiarazioni originali). Consci del fatto che l’unione fa la forza e che bisogna agire in rete, i Garra rufa quasi sicuramente confluiranno nel Pe.Co.R.A.I. (Pesci Combattenti Armati Rivoluzionari Italiani), meglio conosciuto con il nome di “Caciucco Gnucco” e per far valere i loro diritti si avvarranno dell’esperienza di un portavoce navigato come Capitan Findus.
E l’opposizione che cosa ne pensa? Scontata, cionondimeno non banale, la reazione di Antonio Di Pietro, presidente dell’Italia dei Valori Ittici: “Questo governo-salmone prende sempre decisioni controcorrente: ha l’acqua alla gola e non sa più che pesci pigliare”.