Non raggiunge le vette de La città incantata, ma riesce a coinvolgere con la sottile poesia del disegno e con la delicatezza della storia. Arrietty, il nuovo film dello Studio Ghibli scritto da Sua Maestà Hayao Miyazaki e diretto da Hiromasa Yonebayashi (che ha animato i capolavori del maestro), è una fiaba sulla convivenza, sul rispetto e sullamicizia tratta da un libro per bambini dellinglese Mary Norton, The Borrowers. La versione cinematografica è ambientata in una deliziosa villetta alla periferia di Tokyo, in un mondo che unisce la tradizione orientale allimmaginario occidentale, delimitato da un rigoglioso giardino oltre il quale scorre il fiume, simbolo del tempo, del mutamento e della fugacità del tutto. Sotto il pavimento della casa vive una famiglia di prendimprestito, creature alte pochi centimetri a metà tra gli gnomi e i folletti che si sono costruite un sorprendente universo in miniatura raccogliendo ciò che gli uomini scartano o trascurano. Uno spillo è per loro una spada, il petalo di un fiore diventa un paravento, la casa delle bambole è la loro dimora dei sogni. Durante la notte organizzano delle spedizioni nelle stanze abitate dagli umani per prendere in prestito qualcosa di cui hanno bisogno, una zolletta di zucchero, un fazzoletto di carta, oggetti che per noi sembrano avere poco valore, ma che per la gente piccola sono preziosi.
essenziale però non farsi vedere, altrimenti bisogna trasferirsi altrove. Per questo la quattordicenne Arrietty sente di avere commesso un gravissimo errore durante la prima spedizione notturna al seguito del padre: si è fatta scoprire da Sho, un ragazzino malato di cuore appena arrivato nella casa sotto il cui pavimento abita la famiglia di prendimprestito. Anche se Sho si dimostra sensibile, premuroso e capace di mantenere il segreto, la sua terribile governante da tempo sospetta dellesistenza delle piccole creature e tende loro una trappola, costringendo infine Arrietty e i suoi genitori a trasferirsi, salendo a bordo di una teiera che li porterà lungo il fiume, verso una nuova dimora.
Il cuore emotivo del film risiede nellamicizia tra Arrietty e Sho, che rischia la salute per salvare la sua minuscola amica e la madre, imprigionata in un barattolo nella dispensa dopo essere stata catturata dalla governante. Tra i due ragazzini si instaura un rapporto delicato in cui Sho, attraverso dei piccoli gesti, cerca di conquistare la fiducia di Arrietty, allo stesso tempo attratta e impaurita dallumano che lha scoperta. Come spesso accade nei miti e nelle storie, la loro amicizia è ostacolata dallappartenenza a due specie diverse, ma linevitabile separazione li lascerà più forti e consapevoli delle proprie risorse, più positivi e aperti nei confronti della vita e degli altri.
Non ci si deve aspettare la perfezione dei dialoghi e gli innumerevoli livelli di lettura del testo di alcuni capolavori di Miyazaki, ma non mancano i riferimenti ai temi classici dello Studio Ghibli. Nella minaccia che grava sul futuro dei prendimprestito, l’estinzione, leggiamo il destino di molte specie viventi per le quali sono necessari un’attenzione e un rispetto che spesso non abbiamo.
L’ossessione della governante per gli “gnomi” rispecchia la fobia dello straniero, che spinge a una “caccia all’intruso” senza nemmeno darsi cura di conoscerlo davvero. Allo stesso modo, la chiusura della famiglia di Arrietty nei confronti degli esseri umani impedisce loro di vivere serenamente, costringendosi a un’esistenza nascosta e a un atteggiamento diffidente che soltanto la pazienza e il candore di Sho riescono a scalfire.
Se il tema della fiducia e della comunicazione tra specie diverse è stato già esplorato in passato, nuova è però l’attenzione allo stile di vita adottato dalla “gente piccola” ed esplorato nel film. La famiglia di Arrietty non dà alcun valore al denaro e trova la felicità nelle piccole cose, imparando a riutilizzare i materiali di scarto con sorprendente inventiva. In un’epoca di crisi economica, dove i valori della parsimonia e della creatività tornano a diventare importanti, un film che esalta l’attenzione al dettaglio, il rapporto con gli oggetti e l’arte di sopravvivere dimostra che si può parlare della realtà contemporanea anche attraverso una fiaba, senza un’ombra di cinismo ma neppure aggrappandosi a un inutile moralismo.