Le battute dissacranti e infamanti sulla morte di Marco Simoncelli apparse sul blog di satira nonsense Nonciclopedia sono evidentemente fuori luogo. Ma che significa fuori luogo? Ci aiuta a capirlo il filosofo inglese Roger Scruton: Il fascino della dissacrazione, in fondo, è solo la tentazione del comodo. Dissacrare significa depredare ciò che dovrebbe altrimenti essere posto altrove, nella sfera delle cose sacre. Si può dissacrare una chiesa, un cimitero, una tomba, si può pure dissacrare un cadavere, unimmagine cara, persino un essere umano vivente, e ciò nella misura in cui queste cose contengono (come di fatto contengono) il presagio di una qualche sacralità originaria. La dissacrazione è una sorta di difesa dal sacro, un tentativo di distruggerne le pretese. Davanti alle cose sacre le nostre vite vengono giudicate; e per sfuggire a quel giudizio, noi distruggiamo la cosa che sembra accusarci.



Ogni cosa ha un limite ed è sacrosanto individuarlo. Il limite di una corsa sta appena oltre la linea darrivo. Il limite di un fiume è il mare. Il limite di un pasto succulento è la capienza dello stomaco. Il limite di una buona prestazione sessuale (è inutile fare gli smargiassi!) è una volta con la sola donna che si ama. Il limite della nostra libertà non è fare quello che si vuole, ma scoprirne i legami, riempirlo di senso.



Il limite della satira? Probabilmente il buon gusto, benché le papille non siano uguali per tutti. Cè a chi piace piccante che più piccante non si può. Così piccante da perdere il senso e il gusto del cibo che si voleva insaporire.

Il cristiano è sempre (o meglio, cerca sempre di essere) una persona di buon gusto. Forse per questo non esiste un giornale cattolico di satira: il buon gusto mal si sposa con le quantità esagerate. E la satira non chiede la demolizione, la distruzione della persona, basta sbeffeggiarne i suoi limiti. Un po (se non si passa per irriverenti) come la Chiesa: severa con il peccato, misericordiosa con il peccatore.



Il limite della satira potrebbe essere ben rappresentato dal vecchio adagio Scherza coi fanti e lascia stare i santi, dove è ben evidenziato che sul senso del sacro, delle cose ultime, come la morte, si può al massimo sorridere, senza perdere mai il limite del rispetto. 

La satira, che letteralmente significa mescolanza, mette sì tutto a soqquadro, ma proprio perché riconosce che c’è un ordine. Tanto che proprio davanti alla confusione e al trambusto che crea, è la satira stessa che aiuta a ricordare quanto quelle cose siano fuori posto. E che così non possono stare a lungo: ci fanno sorridere, ma ci mettono al lavoro – un po’ come un amico che ti ridesta da una distrazione – per ricomporre ciò che è stato scomposto. La satira è solo a fin di bene. L’ha riconosciuto addirittura la Corte di Cassazione quando ha dato la definizione giuridica di satira: “È quella manifestazione di pensiero talora di altissimo livello che nei tempi si è addossata il compito di indicare alla pubblica opinione aspetti criticabili o esecrabili di persone, al fine di ottenere, mediante il riso suscitato, un esito finale di carattere etico, correttivo cioè verso il bene”.

La satira è un atto di coraggio. Le battute di Nonciclopedia su Simoncelli invece rappresentano un tackle scivolato fatto alle spalle di chi non può più difendersi. Non sono, quelle battute, una caduta di tono, bensì la perdita di un senso e di una misura delle cose. Non è più satira, è cinismo. Ovviamente, fuori luogo.