Servizio pubblico: Santoro alla terza puntata – Democrazia: questo il titolo della terza puntata del programma di Santoro “Servizio Pubblico”, ospiti in studio Antonio Di Pietro, presidente del Italia dei valori, Flavio Tosi, sindaco leghista di Verona, l’economista della Luiss Tito Boeri, il giornalista Federico Rampini, gli studenti e i ragazzi del movimento 1%, nonché i lavoratori di una fabbrica del gruppo Best delle Marche. Ovviamente il tema della serata è il dopo Berlusconi, il nuovo governo è un atto democratico o è stata violata la democrazia con la nomina di un governo tecnico, non scelto dal popolo? 
Sono queste le domande che si pone Santoro dopo i risultati del voto di fiducia al Senato, sottolineando come in realtà la democrazia è stata violata ben prima della salita di Monti a Montecitorio, è stata messa a rischio ininterrottamente dal governo precedente. Santoro si augura che Monti tenga conto dei tanti giovani per i quali i rimedi alla crisi che guardano solo ai mercati non sono adeguati ai tempi correnti, citando l’appello di Monti al senso dello Stato, ricorda quale sia il senso dello Stato della casta. 
Dopo la comunicazione della fiducia incassata dal nuovo governo al senato, con i voti di tutti tranne  quelli della Lega nord, parte la copertina, che ha mostrato la manifestazione nata spontaneamente il giorno delle dimissioni di Berlusconi. Il primo ad intervenire è Di Pietro che davanti alle espressioni di giubilo e i fischi a Berlusconi dei manifestanti afferma di non condividere la condanna alle esternazioni di esultanza che sono una forma di democrazia: rappresentano il sentimento di sollievo di chi non condivideva il governo Berlusconi. Con il suo linguaggio colorito (Berlusconi è come l’Aids se lo conosci lo eviti) il presidente dell’Idv ci tiene a ribadire che la scelta di un governo tecnico deve essere legata solo ad un momento di emergenza.
Di Pietro si pone “di sentinella” e in attesa delle iniziative che questo governo prenderà per superare la crisi. Dopo un video sulla manifestazione di Giuliano Ferrara tenutasi a Milano, interviene Flavio Tosi. Il sindaco di Verona non concorda con la tesi di Di Pietro secondo il quale Berlusconi è il responsabile della situazione in cui versa l’Italia, è il sistema paese ad essere in crisi.
Il debito pubblico è troppo elevato, è l’Italia è un paese che non cresce da troppo tempo. Il nuovo governo non dovrebbe ripristinare l’Ici sulla prima casa, ma tassare i grandi patrimoni. A questo punto Santoro interpella Tito Boeri per chiedere se davvero l’Italia è sull’orlo del baratro e se, nel caso non si intervenga subito, si trascinerà dietro tutta l’Europa.



L’economista conferma che in effetti quando lo spread rappresenta un pò il livello di affidabilità di un paese e che quando raggiunge i valori che ha raggiunto nei giorni scorsi vuol dire che si è vicinissimi al punto di rottura dell’equilibrio su cui si regge un paese. Interviene una ragazza, Agnese Romano, rappresentante di uno dei movimenti giovanili scesi oggi in piazza che afferma come sia giunto il momento che le ricchezze di Berlusconi vengano ridistribuite alla gente, a coloro ai quali, secondo il suo parere le ha rubate. 
La Balla settimana di Travaglio è oggi divisa in due parti, una prima parte è un flash sull’ultimo atto del Ministero della Gelmini, che mentre preparava i bagagli per uscire dal governo nominava al Cnr Gennaro Ferrara, professore universitario della Partenope di Napoli. Il professore che ha sistemato all’Università l’intero parentado rappresenta il prototipo del nepotismo che la Gelmini prometteva di combattere durante il suo mandato. Ma il vero obiettivo di Travaglio stasera è Corrado Passera, il neo Ministro dello sviluppo economico del quale il giornalista traccia un profilo impietoso di uomo dai molteplici interessi economici (in conflitto con il ruolo che è stato richiamato a ricoprire) nei più disparati settori della finanza. 
Da Banca intesa ai treni di Montezemolo, dalla nuova Alitalia (che lui stesso ha contribuito a creare) fino alla Telecom. Viene lanciato l’ormai consueto sondaggio su Facebook relativo all’opportunità della nomina di Passera, ben il 92% dei votanti dissente. In una intervista Alessandra Mussolini, con la sua consueta schiettezza dichiara che siamo stati commissiarati. Il dibattito in studio prosegue con Federico Rampini che sottolinea che quello che potrebbe essere un ruolo di sostegno del sociale da parte delle banche, in Italia si riduce, come al solito, al perseguire gli interessi di una ristretta cerchia di eletti, un’oligarchia economica che fa pesare le sue scelte sulle spalle dei più deboli. 
Santoro porta in studio una storia davvero prossima alla fantascienza, è la storia degli operai di una multinazionale che opera nelle Marche per produrre motorini per le cappe da cucina e che ha chiuso dall’oggi al domani, senza alcun preavviso, tanto che alcuni operai l’hanno scoperto al mattino recandosi al lavoro. 



Dopo che viene esposto il caso dell’Unicredit che per aiutare il gruppo Ligresti ha subito una notevole perdita economica che sarà pagata dai lavoratori con oltre 5000 licenziamenti, Santoro si domanda se questo governo in cui ci sono i rappresentanti degli interessi economici dei poteri forti potrà davvero fare qualcosa. 
Di Pietro coglie l’occasione per ribadire la necessità di andare alle elezioni il prima possibile e dopo aver cambiato la legge elettorale. La posizione di Di Pietro è di chiara diffidenza verso questo governo tecnico, al quale però dichiara che non farà mancare la fiducia, salvo su quei provvedimenti che non condivide affatto come l’Ici sulla prima casa. La posizione di Tosi è per alcuni aspetti simile, no a votare la fiducia in bianco, senza conoscere i progetti del governo, ma appoggio a proposte condivisibili dalla Lega. La trasmissione procede senza grosse sorprese fino alla fine quando viene presentata la ricostruzione di un’intervista ad Antonino Mandalà, condannato per associazione mafiosa e padre di un mafioso condannato all’ergastolo. Il Mandalà ricorda i suoi rapporti di amicizia con Schifani e La Loggia e di come questi lo abbiano abbandonato dopo l’arresto del figlio.

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