Servizio Pubblico – Con il suo Servizio pubblico Michele Santoro affronta, forse per la prima volta, un tema che non si ricollega direttamente a questure, preture, procure e tribunali. Anche Silvio Berlusconi e il berlusconismo restano oramai sullo sfondo. Il problema è l’euro, il salvataggio dell’euro. E Santoro si cimenta con il grande thrilling economico-finanziario del momento. Ma Servizio pubblico si cimenta solo a parole, non fila via liscio, perché la materia è spinosa e non schematizzabile in un talk-show televisivo un poco urlato. Si nota subito che il gran conduttore possiede poco la materia e sbanda nella propaganda politica, tra destra, sinistra e soprattutto nuova sedicente sinistra. Sul grande palcoscenico si confrontano in principio l’ex ministro Renato Brunetta (che non risparmia un siluro all’ex collega Giulio Tremonti: Ha dato troppi antibiotici e poche vitamine) e il vecchio dinosauro della Cgil, Sergio Cofferati. Tesi contrapposte sulle misure da adottare. Ma la trasmissione lancia soprattutto, nel suo complesso, un sottile e ripetuto malumore nei confronti del Governo Monti. Abbiamo sospeso la democrazia dice Santoro ma perché i partiti non parlano più ? Stanno tenendo Mario Monti con una bella corda al collo ? In un soppalco c’è anche il banchiere Claudio Costamagna, vecchio rivolo di Goldman Sachs. Viene intervistato Jean Paul Fitoussi, economista francese di gran classe, ma il nodo della situazione non si coglie. L’analisi complessiva pecca di frammentarietà, di schematismi irritanti, che poggiano sempre o sull’incertezza politica o sul gioco sporco della finanza. Ma si fanno degli accenni, delle allusioni o delle sparate dal pubblico. Però nessuna analisi precisa. Il vero problema del perché l’euro sia in uno stato di grande difficoltà, qualcuno dice preagonico, non salta fuori bene dalla trasmissione di Santoro, non lo si capisce, non lo si spiega. Ad aumentare la confusione entra in scena Marco Travaglio, che di finanza e di economia non sa quasi nulla. Infatti si rifugia nel caso Finmeccanica e attacca l’informazione disattenta. Fa battute, che sollevano pure applausi, ma che cosa c’entra con il tema dell’euro? In Travaglio è più nitido, più chiaro l’attacco al Governo Monti, che è sempre meglio di Berlusconi, ma che è lisciato dai giornali in modo irritante. Il giornalista principe del giustizialismo italiano apre il fuoco persino su La Repubblica e sposta tutta la trasmissione nell’area della nuova opposizione televisiva al Governo dei tecnocrati. Servizio pubblico appare così la punta, l’apripista della contestazione a sinistra di Niki Vendola e, probabilmente, dell’Italia dei valori. Chissà che non ci sia pure un occhiolino alla nuova Lega, non più di Governo, ma di lotta?E c’è pure un’eco di indignados in salsa italiana, che addirittura giustifica, ohibò, un attacco a Unicredit e a Mediobanca. E’ una sorta di rovesciamento delle vecchie alleanze. Sevizio pubblico gioca, adesso nel 2011, la carta della sinistra che prende le distanze dai Profumo e dalla scuola McKinsey. E quando mai è successo in questi anni di seconda repubblica in eterna transizione, con un occhio di riguardo ai banchieri democratici ? Che i rapporti a sinistra si complichino sempre di più, con un attacco in diretta di Massimo Giannini di la Repubblca a Marco Travaglio. (continua alla pagina seguente)
A un certo punto Santoro si rende conto che al posto dell’euro e della sopravvivenza dell’euro si sta parlando d’altro e confusamente, quindi cerca di prendere in mano la trasmissione e impone, alzando la voce, il problema della crescita: “Bisogna spiegare a che cosa servono i soldi presi. Servono o non servono alla crescita ?”. Qui viene in mente una battuta del grande generale De Gaulle, che su questi impegni, era di un’ironia glaciale e rispondeva: “Vaste programme!”. Senza Berlusconi, senza le escort, senza magistrati in “prima linea”, senza scandali, veri o presunti, anche Santoro e i suoi “descamisados” si afflosciano. Trasmissione pasticciata e confusa. Il problema dell’euro è affrontato con un piatto di spaghetti alle vongole sul tavolo. Se questa è la nuova sinistra anti-tecnocratica, Monti resta al governo sino al 2046.