Mentre il cinema horror si dirige verso sperimentazioni spesso poco riuscite, come la serie Paranormal Activity, e ricorre sempre di più a tecnologie come il 3D, cè ancora chi ha il coraggio di girare storie di fantasmi vecchio stile, in cui limpianto è tradizionale e linnovazione quasi nulla, ma vi è grande attenzione allatmosfera e attento dosaggio di tensione e brividi. il caso dellinglese Nick Murphy, che per il suo debutto cinematografico alla regia (1921 – Il mistero di Rookford) si affida alla bellezza eterea e misteriosa di Rebecca Hall.

Lattrice interpreta Florence Cathcart, giovane scrittrice di grande intelligenza e intuito tormentata da un lutto. NellInghilterra piegata dalla Prima Guerra Mondiale, molte persone si rifugiano nel sovrannaturale, e la ragazza si dedica con energia a smascherare i truffatori che promettono a sprovveduti un contatto con i loro cari defunti. La fama di Florence le porta una chiamata dallo sperduto collegio maschile di Rookford, dove pare che il fantasma di un bambino stia terrorizzando i piccoli allievi. La razionalità di Florence le fa risolvere il caso brillantemente e in breve tempo, ma proprio quando sta per ripartire, inquietanti visioni e fatti inspiegabili mettono a dura prova le sue certezze e la indirizzano verso una terribile verità ancora da scoprire.

Nonostante punti più sulle atmosfere cupe e rarefatte che sullazione, The awakening, questo il titolo originale, si segue senza sforzi e soprattutto senza bruschi cali di tensione ed interesse, ma la visione è alterata dal fatto che si percepisce quasi subito che la pellicola è orchestrata per guidare lo spettatore verso il colpo di scena finale. Questo da un lato tiene viva la curiosità dello spettatore, che vuole arrivare alla fine per scoprire cosa hanno in serbo regista e sceneggiatore per lui, dallaltro però limita molto leffetto sorpresa.  1921 – Il mistero di Rookford è debitore, ed in gran parte, di quel The Others di Alejandro Amenabar che ha aperto la strada a un filone di cinema sui fantasmi che gioca con il labile confine tra i vivi e i morti con uno schema che, pur con le opportune variazioni, inizia a essere se non logoro quanto meno prevedibile, almeno in parte.

Poco importa, dal momento che il regista riesce a tenere viva la tensione e a destreggiarsi abbastanza agilmente per essere al suo esordio, potendo contare anche su una sceneggiatura fluida e su una fotografia abile a giocare con luce e oscurità, ma la sensazione di “già visto” sopraggiungerà facilmente in più di un punto. Nonostante questo, anche lo spettatore più scaltro e attento sarà stupito da alcuni colpi di scena e trovate efficaci, di quelli che all’uscita dalla sala fanno discutere gli amici sulle diverse interpretazioni possibili.

Il cast è ben scelto: alla magnetica Rebecca Hall, lanciata da Woody Allen e consacrata da Ron Howard e Ben Affleck, si affiancano Dominic West e la sempre brava Imelda Staunton, memorabile ne Il segreto di Vera Drake. In definitiva, la pellicola arriva troppo tardi per rappresentare qualcosa di epocale nel genere, ma è un prodotto sicuramente pregevole che sarà apprezzato specialmente dai fan del paranormale “vecchia maniera”.