Prendete una casa di produzione pronta a sfornare l’ennesimo film commerciale che sfrutta idee già pensate per altri formati (in questo caso una serie televisiva). Prendete poi uno dei più giovani autori/attori comici e affidategli il ruolo da protagonista e, già che ci siete, fatelo sedere ad una scrivania e fategli scrivere la sceneggiatura. A questo punto manca solo un regista: perché non prendere un autore fatto e finito, con una grande personalità (e professionalità) che lo ha portato a dirigere sempre film molto belli ma poco remunerativi, e mettergli tra le mani questo film?
Questa è più o meno la ricetta per preparare, cuocere e sfornare The green hornet, film prodotto dalla Sony, scritto e interpretato da Seth Rogen (che proviene dalla scuderia di Judd Apatow) e diretto da Michel Gondry, autore di Se mi lasci ti cancello e L’arte del sogno che, per la prima volta, esordisce nel cinema commerciale con questa action-comedy che prende spunto da un celebre serial televisivo degli anni Sessanta che fece esordire un giovane Bruce Lee.
Abbiamo detto che questo The green hornet potrebbe essere incasellato tra le action-comedy, ma è difficile classificare un film come questo in una categoria precisa a causa del suo dover coniugare almeno tre bisogni. I primi due sono di carattere artistico: Gondry vuole dirigere il film, a patto di essere libero creatore di tutto l’apparato visivo, mentre Rogen vuole fare del film il suo one-man-show. La terza ragione, più terra-terra, coinvolge direttamente la Sony che, come di suo dovere, deve cercare di tirare su più soldi possibili, e lo fa vigilando su Rogen e Gondry nel tentativo di creare un blockbuster buono per tutte le bocche.
In realtà il risultato è un film schizofrenico che cerca di unire le esigenze delle tre parti chiamate in causa. Un film che spesso perde la sua direzione per colpa di una sceneggiatura poco compatta e, soprattutto, di un protagonista incapace di entrare in contatto con il pubblico, che risulta sempre un po’ antipatico e che, in fondo, poco impara da tutto ciò che gli succede.
Comprendiamo nel lotto anche dei dialoghi non sempre all’altezza della situazione (qualcosa si è comunque perso con la traduzione) e alcune situazioni o personaggi alquanto inutili (il ruolo invisibile di Cameron Diaz). Se dobbiamo dare una colpa, quella deve prendersela tutta Rogen che, forse troppo intento a scrivere di sè stesso, per sè stesso e su sè stesso, si è dimenticato forse che uno può essere autoreferenziale ed egocentrico solo nel caso in cui sia capace di regalare al pubblico una bella storia (che il film evidentemente non ha). In compenso Gondry costruisce una regia solida, capace di sequenza d’azione non solo ben girate, ma anche originali e spassose. Gondry immerge poi tutto in un’atmosfera naïve in cui regna un sottile umorismo delle situazioni non sempre sostenuto a dovere dagli interpreti.
Cos’è quindi questo The green hornet? Un film poco compatto che riesce però a divertire e intrattenere quel che basta per passare una tranquilla serata al cinema, sempre a patto che riusciate ad entrare nel mood di un film così strampalato e disomogeneo come questo.