Chi di noi non ha avuto paura, almeno una volta nella vita? Di amare, di fallire, di avere il coraggio di essere felici. Lontani da ogni artificio, abbandonando la maschera convenzionale del giusto e del buono per seguire la verità e la genuinità dei propri sentimenti. Perché è più facile – e meno ingombrante – rifugiarsi allombra delluniversalmente condiviso piuttosto che lottare per difendere una propria scelta. Nella vita, in genere, e in amore, dove la felicità non si accontenta di una perfezione illusoria.

Come quella di Juliette (Vanessa Paradis), bella, ricca e alle soglie di un matrimonio da sogno, organizzato nello sfarzo di una Monaco che non bada a costi e con un futuro marito che è la proiezione terrena di un angelo. Affascinante uomo daffari, impegnato anche sul fronte umanitario, con un jet privato al posto della macchina. Non è tutto oro quello che luccica, si dice. In questo caso, sfortunatamente per Juliette, lo è. Fatta eccezione per due suoceri un po invadenti, ma in fondo neanche troppo. Quale donna, dunque, non desidererebbe un uomo così al proprio fianco?

Per volere di suo padre, convinto che per il bene della figlia questo matrimonio non sha da fare, nella vita della ragazza irrompe Alex Lippi (Romain Duris). Intrigante e seducente spezza coppie di professione, Alex viene assoldato insieme alla propria squadra, composta da sua sorella Melanie e dal cognato Marc, per mandare a monte le imminenti nozze di Juliette. Una vera missione per Alex e i suoi, resa decisamente impossibile da due fattori. La serenità di cui sembra godere la coppia bersaglio e la totale – apparente – assenza di difetti del futuro marito.

Ma che cosè la felicità in amore? Accontentarsi o lasciarsi andare? Trascorrere una vita a metà e non appagante oppure cercare il proprio incastro perfetto? Dove questultimo non nasce dallincontro con il principe azzurro, bensì da quellunica irregolare metà che completa il tassello di un puzzle. Limportante, ci dice il regista Pascal Chaumeil, è permettere al vulcano che è in noi di esplodere.

Come fa Juliette, che, in verità, sotto le parvenze di una ragazza perbene – quale è – nasconde la voglia di vivere di un cavallo ribelle. Assetata di una vita genuina, da trascorrere secondo le proprie inclinazioni e i propri sentimenti, deposta la maschera di porcellana del giusto e del bello. Senza rivoluzioni, se non quelle del cuore, verso un solo obiettivo: voler essere davvero felici.

 

Una storia, quella de Il truffacuori, provocatoria nella sua semplicità. Non solo al femminile, ma anche lucida nel disegnare i tratti di un uomo intimorito dalla paura di innamorarsi, che, più che altro, è paura di fallire. Film intelligente e brillante, che sonda le fragilità dell’uomo e della donna contemporanei, rivolgendosi a entrambi senza prendere posizione a favore dell’uno o dell’altro, ma fendendo un colpo basso al tallone d’Achille di entrambi.

 

La donna, incriminata di vivere una felicità basata su una nuvola di illusioni. L’uomo, dolcemente accusato di non volersi lasciar andare all’amore vero. Perché è molto più semplice uscire con donne diverse cui raccontare le stesse scuse prima di un arrivederci che profuma di addio. In tal senso, il lavoro di Alex suona come metafora di questa abitudine al maschile. Ma sarà lui stesso, coinvolto in una missione mozzafiato, a capire che l’amore è irto di ostacoli reali che, menzogne a parte, possono essere superati.

 

È con astuzia e brillante mise en scène che Pascal Chaumeil racconta la favola di sempre – quella della principessa rinchiusa nelle segrete del castello – attraverso un guizzo moderno e originale. Una sapiente commistione, talvolta inclinata alla parodia, tra il classicismo della commedia romantica e il brio della spy story. Due ingredienti che, uniti, divertono, rendendo leggero un tema serio e attuale, che, pur nei confini del romanticismo quale Il truffacuori rimanda, unisce davanti allo schermo uomini e donne.