L’Italia, è vero, non ha centrali nucleari funzionanti. Basta questo per scongiurare il pericolo di eventuali contaminazioni radioattive? Non esattamente, perché in Piemonte c’è una delle più grosse discariche di scorie nucleari, perennemente a rischio

Un servizio delle Iene andato in onda recentemente ha riportato alla ribalta una questione che in realtà si dibatte da anni. Qui in questa bella campagna della provincia di Vercelli si trova il primo reattore nucleare italiano, costruito nel 1979. Con la chiusura delle centrali nucleari italiane (quattro in tutto, quelle di Latina, Trino Vercellese – questa poco distante da Saluggia -, Caorso e Garigliano) nel 1987 in seguito ai risultati del referendum sull’energia nucleare, il centro di Saluggia venne riciclato come deposito di scorie nucleari. Al momento ne vengono conservate qui trenta tonnellate.

Non basta. Perché poco vicino c’è il centro Eurex: qui sono conservate le scorie radioattive allo stato liquido. Si tratta delle barre di uranio sciolte da cui si ricava il plutonio, elemento fondamentale per tutta l’industria bellica. Qui nel centro Eurex si conservano appunto le barre ormai sciolte di uranio. Elemento che come si sa è produttore di radioattività. Un totale di 230 metri cubi di scorie liquide ad elevato contenuto di radioattività, più cinque chili di plutonio. Un concentrato di potenziale dannosità estrema. Soprattutto se si viene a scoprire quanto hanno riportato le Iene nel loro servizio da Saluggia.

Sono stati ben due gli incidenti che hanno colpito questi centri di conservazione scorie nucleari. Incidenti apparentemente di poco conto, ma in realtà segnali di una pericolosità elevata. Due perdite rilevate di liquido radioattivo che immediatamente è penetrato nella falda acquifera della zona. Acqua radioattiva infatti è stata rilevata a circa tre chilometri dal centro di smaltimento scorie. Addirittura in un pozzo appartenente a una abitazione privata. E’ questa infatti una zona ricca di falde acquifere. Qui pprende le sue acque l’acquedotto del Monferrato, il più grande del Piemonte.

Con la sua acqua, vengono riforniti più di 200 comuni nelle province di Torino, Asti e Alessandria.  In caso di ulteriori incidenti, magari in concomitanza di eventi alluvionali (due alluvioni si sono già abbattute in questa zona, nel 1994 e nel 2002) le scorie radioattive potrebbero inquinare falde acquifere con la conseguenza di avvelenare tutta la pianura Padana, il Po e arrivare fino all’Adriatico. Un disastro di livello catastrofico. Secondo il sindaco di Saluggia, intervistato dalle Iene, si sta provvedendo a portare parte di questi rifiuti radioattivi in centri francesi specializzati per il loro smaltimento, mentre il governo ha stanziato circa 150 milioni di euro per la distruzione delle rimanenti scorie. Ma, dice il sindaco, si tratta di un processo molto lungo, che potrebbe richiedere anche vent’anni

Saluggia non è l’unico centro dove si conservano scorie nucleari in Italia. Esistono infatti nella nostra penisola altri 23 siti analoghi di stoccaggio spazzatura nucleare. Secondo Greenpeace, buona parte di essi si trova, come quello di Saluggia, vicino a sorgenti d’acqua.  Esistono due tipi di scorie radioattive. Una con un tasso di radioattività del 10% e che comprende il 90% delle scorie, l’altra  è del 5% ma con un tasso di radioattività del 90%. Per le prime, secondo quanto consiglia l’agenzia atomica di Vienna, è necessario un deposito di superficie vincolato per tre secoli.

Per le seconde non esiste ancora una soluzione.  Dove si trovano questi centri di spazzatura nucleare? Eccone alcuni. Intanto le quattro ex centrali nucleari italiane chiuse nel 1988, e cioè Latina, Trino Vercellese, Caorso e Garigliano. Ognuna contiene oltre un migliaio di mc di rifiuti radioattivi, in un caso oltre 2mila (a Garigliano). Poi ci sono anche i depositi per la raccolta di materiale a bassa radioattività e sorgenti radioattive dimesse. Una di questi è quella di Compoverde in provincia di Milano. Contiene nei vari centri di stoccaggio circa 5mila mc di rifiuti radioattivi. A Rotondella in provincia di Matera sono stoccati circa 2700 mc di scorie e anche 64 elementi di combustibile irraggiato provenienti da una centrale nucleare americana.