Roberto Saviano è tornato insieme all’amico Fazio questa volta al programma Che tempo che fa dopo gli ascolti record del loro programma in coppia. Saviano ha presentato il suo nuovo libro tratto appunto dal programma Vieni via con me, edito da Feltrinelli.
E ha perciò avuto modo di parlare dello strappo con il suo editore storico, la Mondadori, dopo le polemiche e le accuse dell’editore Marina Berlusconi. “Avverto una contraddizione, che vivo in modo pesante – dice Saviano – non ci si può professare editore libero e poi, quando qualcosa non va, darmi addosso. Una cosa che non è stata fatta con altri autori che pure hanno espresso posizioni critiche nei confronti del governo. Forse la sua è stata una paura politica forse non ha avuto il coraggio di dire chiaramente che non sopportava più le mie parole”. E a proposito del padre Silvio, parlando del caso Runy, ha definito il capo del governo “un nonno”.
“Quando le ho lette – le carte del caso Ruby – non mi è venuto un senso di nausea ma, se tutto fosse confermato e verificato, un sentimento quasi di tristezza, di solitudine di un nonno che si trova in una situazione del genere. A questo si risponde con la felicità. Dov’è il puritanesimo e il moralismo in tutto questo? Anzi c’è una voglia di dire che il Paese è altro, il Paese sorride, vuole vivere, il Paese è tutt’altro che una sessualità che arriva allo scambio, all’estorsione, al racket” ha detto lo scrittore.
Il caso Ruby, ha proseguito, non è un attentato alla privacy: Una cosa, complessa e gravissima, che sta mettendo a rischio la democrazia, la comunicazione, la libertà di parola, è quella di comparare il privato al reato, quella di dire che si tratta di una vicenda tutta privata. Dire, terrorizzando le persone, che se si guarda al privato ce n’è per tutti. Ma il privato rimane una cosa sacra, il reato è un’altra cosa. La debolezza è una cosa, l’estorsione un’altra”.