Questa volta Michele Santoro apre la trasmissione di Annozero con le barzellette di Silvio Berlusconi. Cerca di decifrarne una detta dal Cavaliere dopo Milan-Inter. una storiella volgare che i giornalisti non hanno riportato, probabilmente per buon gusto, oppure perché erano più interessati al calcio che alla declinante politica italiana. Per Santoro deve essere un segno di intollerabile censura. il prologo, poi comincia lAnnozero della settimana pasquale con un lungo discorso di Berlusconi e la dichiarazione di una ragazza che apre (indovinate che cosa?) il nuovissimo caso Ruby, il recente caso bunga-bunga e le notti di Arcore. Siamo sempre sul pezzo.



La testimone ha visto delle scene hard e ha deciso di andarsene dalla festa. Dice di essersi salvata in questo modo. Ce spazio per uno squarcio sul caso Lassini, dove si fa comprendere che ci sia qualche cosa dietro di più grande. Forse una commissione eccellente? A questo punto si apre il dibattito, come ai tempi del cineforum. Si scatena come al solito un complicato intreccio di comizi fatti di luoghi comuni. In pista cè anche il famoso, ma un poco decaduto, Italo Bocchino, luogotenente o ex luogotenente di Gianfranco Fini.



Nellanfiteatro di Annozero Bocchino è passato dallestrema destra al lato sinistro. Ma non sembra sconvolgere gli equilibri politici. Bocchino è perentorio: Il mandante morale del documento Lassini è senza dubbio Berlusconi. In controbattuta parla Maurizio Belpietro sulla responsabilità dei magistrati, In modo più incisivo dice che: Qui si sta scoprendo lacqua calda, quando si dice che cè uno scontro tra la procura di Milano e la maggioranza. Viene subito redarguito da Marco Travaglio che, in questa occasione, interviene prima della sua predica del giovedì sera. Ma sul documento Lassini interviene anche il figlio di Emilio Alessandrini, vittima delle Br, che riserva dichiarazioni più motivate contro Berlusconi e il governo.



Ma a parte questa dichiarazione, il resto è confusione, faziosità politica e “sentito dire”. Come Bocchino, che cerca di insegnare alla destra italiana a non essere “così tanto populista”. Più che al populismo (quello russo o quello americano, storicamente parlando?), si ricade invece nel dibattito da “bar sport”, con tutte le schematizzazioni e i pressapochismi della cosiddetta, modernamente, “location”. Ci sono anche “battute al volo”, come nei più classici bar di periferia. La sostanza politica è la noia, molto più spessa di quella moraviana.

In difesa dei magistrati interviene anche Benedetta Tobagi. E lancia un’accusa non tanto velata all’attuale maggioranza, più o meno quella di non accettare il sistema. Travaglio riprende la parola. Ritorna sul “caso Ruby”, con battute ironiche e altre considerazioni. Poi, nella sua appassionata difesa della magistratura, si lancia in qualche excursus storico con una competenza piuttosto discutibile. Per compensare la deposizione della ragazza d’inizio trasmissione, interviene un’altra ragazza che dovrebbe scagionare le feste di Arcore. Lo sfondo dell’intervista è questa volta una discoteca che è paragonabile a una vecchia fumeria cinese di Brooklyn, rimodernata naturalmente secondo i gusti della modernità hip-hop.

Ma Santoro ritorna subito e più specificamente sul “pezzo” coniando un’altra definizione il “blocca Ruby”, cioè la riforma del processo con la prescrizione breve. Ci si infila in un dibattito da legulei che fa perdere letteralmente la trebisonda. C’è bisogno di strofinacci bagnati per svegliarsi davanti al magico piccolo schermo. Anche perché si passa da un processo all’altro di Berlusconi come si parla di un rigore dato o non dato, di un fuorigioco rilevato o non rilevato. Peccato che non ci sia un arbitro.

Ogni tanto, nel marasma delle trasmissione, compare qualche notizia. Bocchino dice che il suo gruppo non appoggerà a Milano “mai la Moratti, nemmeno al secondo turno”. Scatta la pubblicità prima del rush finale. Altra intervista al figlio di un magistrato ucciso dalle Br, il procuratore di Genova, Francesco Coco. Ma arriva subito dopo un’ altra intervista femminile. Tale Meli (se si è ben capito), che faceva la ragazza-immagine. Lo sfondo è piazza Duomo, dove si dice che Milano è piena di feste con “after”, quindi sesso, cocaina e via dicendo. Più o meno, la capitale lombarda diventa una sorta di Sodoma e Gomorra. C’è un attimo di imbarazzo in Santoro e Travaglio solo quando Belpietro, parlando dei testimoni, invita a valutarli ala luce del caso Ciancimino.

È una trasmissione questa o un minestrone, una riedizione pedestre del celebre “Helzapoppin”, film volutamente surreale e bellissimo? Dalle barzellette alla Meli o Melis, al telespettatore l’ardua sentenza.