Se amate il cinema riflessivo, allora Fast and Furious 5 non fa per voi. Oppure sì, potrebbe essere la medicina giusta contro i reumatismi di un inverno decisamente troppo meditativo. Una scossa dadrenalina per muscoli indolenziti e cervelli fumanti. Perché state sicuri che il mitico Dominic Toretto (Vin Diesel) e i suoi amici vi terranno inchiodati alla poltrona per tutte e due le ore del film. Unisola di felice e nemmeno troppo demenziale svago.
Non è un problema essersi persi le precedenti quattro pellicole. Certo, averle viste significa godere di un piacere tutto proprio nel cogliere riferimenti a fatti e personaggi del passato, ma la storia è raccontata in maniera tale da non far perdere allo spettatore il filo delle vicende. Questa volta Dominic e i suoi impolverano le strade dellaffascinante e povera Rio De Janeiro.
Dopo essere stato liberato dai suoi, Toretto sbarca in Brasile per prendere mano a un colpo proposto dal suo vecchio amico Vince. Anche Brian e Mia – rispettivamente il suo socio ex poliziotto e sua sorella – sono coinvolti, ma qualche cosa non torna, perché durante il furto delle auto di lusso, vengono inseguiti dal Fbi e da altri loschi individui. I tre scoprono che dentro una delle macchine cè nascosto un chip molto prezioso. Contiene, infatti, informazioni sui luoghi in cui Reyes, magnate di Rio che ha costruito il suo impero sulla criminalità, tiene nascosti i soldi. Inizia, così, la caccia al cattivo e la missione di Toretto e dei suoi, inseguiti dal Fbi – incarnato dai muscoli infallibili di Luke Hobbs – è rubare i soldi di Reyes.
un film, questo, contro lo snobismo intellettuale e, se si è disposti a leggere sotto la patina impolverata delle fenomenali macchine da corsa, anche espressione di una certa passione. Mi piace definirlo come parte di un nuovo genere cinematografico. Quello dei bassi sentimenti eroici, in cui giustizia, vendetta, vittoria del bene si affermano e vengono pompati attraverso i muscoli, i pugni, gli inseguimenti, le corse, le macchine da sballo. E non è detto che i cattivi – o quelli considerati tali – siano la mela marcia della società.
I bassi sentimenti eroici sono quelli che partono dalla pancia, più che dalla testa. Sono quelli che hanno spinto Toretto, in uno dei precedenti film, a vendicare la morte della sua Letty. Sono quelli che anche in questa pellicola lo conducono a lottare per la giustizia, nonostante lui stesso sia un fuorilegge, per mantenere unita la sua famiglia – di parenti e amici – e per conservare il principio di onore e fedeltà ai suoi. Sono quelli che, nella fuga disperata tra le favelas di Rio, inseguiti dagli agenti del Fbi e dagli uomini di Reyes, spingono Toretto a salvare la vita a Elena, la poliziotta voluta da Hobbs come interprete.
Si, perché come già era successo in alcuni dei film passati, anche qui il confine tra poliziotti e criminali è molto labile. O meglio, cade nel momento in cui l’intento è comune, ovvero, in questo caso, catturare Reyes. Alzi la mano chi non ha sospettato che prima o poi Toretto e Hobbs non sarebbero diventati amici. Per modo di dire, ma alla fine il loro ammasso di muscoli, nonostante se le siano date di santa ragione, si allea. E, nonostante un risolino resti sottaciuto di fronte all’eroico gesto con cui Hobbs – lui che è del Fbi – passa temporaneamente tra i cattivi/buoni, si guarda questa scena con una certa, compita soddisfazione.
Il film, però, non sarebbe lo stesso senza la sua vera anima – dopo quella di Toretto. Stiamo parlando delle macchine da corsa che sfrecciano ovunque, si tratti di una strada o di un capannone. Truccatissime e pompatissime, queste bellezze solcano le strade in acrobazie impossibili. È questo il bello del cinema. Puoi, per un paio di ore, fingere di essere chi non sei, immedesimandoti nei protagonisti dello schermo. Fast and Furious – i cinque film – sono la versione moderna della antica “fabbrica dei sogni” e vogliamo pensare che non troppe persone, guardando questo film, lo accusino di dare il cattivo esempio.
Per i più giovani e sognanti, un cartello alla fine del film mette in guardia dal non emulare le imprese eroiche di Vin Diesel. Mentre noi, in fondo, siamo tutti adulti e in grado di capire il confine tra la finzione e la realtà.