L’editorialista del Corriere della Sera, severo ma autorevole critico televisivo, nel suo articolo di oggi si occupa del caso di Carmela Melania Rea, la donna trovata uccisa in modo violento lo scorso 20 aprile nelle Marche. Non si occupa, Aldo Grasso, delle indagini, ma di come i media e ovviamente la televisione si stanno occupando del caso. Con morbosità, scrive il critico, arrivando quasi al “delitto a reti unificate”. Aldo Grasso cita il caso di mercoledì sera, quando si è svolta sulle retti Rai una sorta di staffetta che ha impegnato gli spettatori per tutta la sera a concentrarsi su questo triste caso. Un segno dei tempi, lo definisce Grasso. Una volta, aggiunge, si facevano le staffette televisive per combattere la mafia, adesso le staffette si fanno per sapere se Salvatore Parolisi ha ucciso la moglie. Il fatto è che mercoledì sera ha cominciato il programma di Rai Tre, Chi l’ha visto? a occuparsi del caso di Melania Rea. Quel programma, scrive Grasso, era nato per cercare le persone scomparse ma con la conduzione di Federica Sciarelli ha preso un’altra strada, quella di occupassi di persone morte. Finisce il programma della Sciarelli e attacca Bruno Vespa con il suo Porta a Porta alle ore 23.30. Di cosa si occupa Vespa? Ma del delitto di Carmela Melania Rea.
Porta a porta così come Chi l’ha visto? avevano diversi inviati sul posto del delitto e degli interrogatori di Parolis. Grasso si domanda: è giusto che la Rai spenda i soldi pubblici per soddisfare la morbosità degli spettatori? “La Sciarelli tende a serializzare i casi, non disdegnando però il lato soap delle vicende; Vespa, che per non farsi mancare nulla ha iniziato con una citazione dal «Settimo sigillo» di Bergman, si affida agli «scavi» dei suoi esperti; altri programmi si affidano a registri diversi. E, tuttavia, il collante unico resta la morbosità” scrive il critico. Concludendo: a quando le reti unificate sui delitti?