Nemmeno i pirati sono più quelli di una volta. La ciurma dei Pirati dei Caraibi è approdata a Cannes senza ricevere unaccoglienza trionfale, nonostante i grandi nomi del cast: non solo il protagonista Johnny Depp, ma anche il regista Rob Marshall, che ha firmato Chicago, Nine e Memorie di una Geisha. Marshall è un grande narratore, ma il film non è allaltezza.

Nel quarto capitolo della saga che ha riportato in auge il genere corsaro, infatti, i pirati hanno perso smalto e, nonostante gli accorgimenti per offrire una storia avvincente e spettacolare, mancano le scintille. Anzi, il risultato appare fiacco, quasi trattenuto.

La trama è più semplice che nei primi tre film, dove le linee narrative si intrecciavano e si complicavano di volta in volta: ispirato allomonimo romanzo di Tim Powers, Oltre i confini del mare racconta la perigliosa ricerca della fonte della giovinezza, in un susseguirsi di fughe, inseguimenti, combattimenti in cui cambiano le alleanze e non è mai chiaro che cosa esattamente ciascun personaggio desideri dalla famosa fonte.

Il sipario si apre su alcune spettacolari sequenze realizzate a Londra, dove Jack Sparrow fugge a unimpiccagione insieme al compare Gibbs, ritrova lex fidanzata Angelica (Penelope Cruz), duella e viene colpito, risvegliandosi prigioniero sulla Queen Annes Revenge, la nave di Barbanera/Ian Mc Shane. Qui scopre che la seducente Angelica è la rampolla del suddetto Barbanera, il pirata più crudele che sia mai esistito, nonché una piratessa bugiarda e spregiudicata che vuole vendicarsi del Capitano Sparrow per averla sedotta e abbandonata. Jack si trova costretto a guidare la ciurma verso lisola dove sorge la leggendaria e agognata fonte della giovinezza, che potrà salvare Barbanera da una condanna a morte. Il rito per aggiudicarsi gli anni in più, però, prevede tre ingredienti speciali: due calici antichi e la lacrima di una sirena. E la Queen Annes Revenge non è lunica nave in rotta verso lacqua miracolosa. La sta cercando anche Capitan Barbossa con la flotta britannica, in concorrenza con il re spagnolo. Insomma, alla fine lisola sarà assai affollata.

Tra i paesaggi hawaiani mozzafiato in stile Lost e le scene action senza esclusione di colpi, si sente però la mancanza della coppia Keira Knightely e Orlando Bloom, che portava un po di sano romanticismo e dava un filo conduttore allo spettacolo disneyano sui mari. Il biondo missionario e la sirenetta catturata da Barbanera, gli unici personaggi buoni della storia, fanno leffetto delle meringhe, zuccherose ma vuote nel mezzo.

In realtà, in questo quarto episodio siamo in un mondo dai toni marcatamente dark e crudeli, dove le belle sirene mangiano i marinai, Barbanera brucia e massacra senza batter ciglio e mai si redime, nemmeno in punto di morte. I bambini potrebbero fare un salto sulla poltrona più di una volta, ma anche agli adulti resta un po’ di amaro in bocca.

I personaggi sono tutti così intriganti e doppiogiochisti che è difficile capire cosa vogliano davvero. Manca una riflessione sul significato simbolico della fonte, una chiara visione del bene e del male e un approfondimento psicologico dei personaggi.

È un film di rocambolesche avventure per mare, ma senza un respiro epico. Sembra piuttosto un giocattolone spettacolare, una scatola magica con cui intrattenersi per un paio d’ore, anche se si ride meno del solito. Jack Sparrow non è cambiato, ha sempre i rasta, le movenze effeminate e la sua proverbiale irriverenza, ma non sprigiona più una verve irresistibile, sembra a corto di battute e non riesce a “mangiarsi la scena” come in passato. Alla fin fine, tuttavia, si dimostra l’unico pirata ad avere un cuore e persino una certa saggezza, nonostante i suoi magheggi e le sue follie. E questo è consolante.