Louis Ives è un insegnante che, dopo essere stato licenziato a causa dei tagli all’istruzione, decide di trasferirsi a New York per iniziare a lavorare al suo romanzo. Il grande errore che fa è quello di condividere l’appartamento con Henry Harrison, drammaturgo di dubbia fama che sbarca il lunario facendo l’accompagnatore di anziane benestanti. I rapporti tra i due non sono sempre facili, ma riusciranno a trovare uno strambo equilibrio con cui vivere.
Jonathan Ames è stata una delle più belle scoperte letterarie che abbia fatto negli ultimi due anni. Lo devo soprattutto alla bellissima serie “Bored to death” che ha scritto per il volto malinconico e ironico di Jason Schwartzman. Ames è uno strano incrocio tra Woody Allen e Charles Bukowski, che si incontrano tra l’umorismo rassegnato del primo e le ossessioni sessuali dell’ultimo.
Un perfetto gentiluomo è il primo lungometraggio tratto da un romanzo di Ames (il titolo italiano del libro è “Io e Henry”), adattato per il grande schermo (in maniera abbastanza fedele) dallo stesso Ames e dalla coppia di registi Robert Pulcini e Shari Springer Berman (American splendor, Il diario di una tata). Il risultato ha diviso la critica, tra chi apprezzava il lavoro fatto e chi ha ritenuto il film meritorio di visione solo per la performance di un rinato Kevin Kline.
Da queste parti, giusto per informarvi, Un perfetto gentiluomo è piaciuto abbastanza. La storia messa in piedi da Ames è il più originale cammino di formazione che il cinema abbia visto negli ultimi anni. I ruoli fissi ci sono – il ragazzo sfigato e il mentore burbero ma dal cuore d’oro – ma Ames rivolta la situazione e ci regala la storia di un’amicizia atipica, in cui i due personaggi non hanno nulla da insegnarsi ma tutto da condividere, confessarsi, rendendo partecipe l’altro della propria vita senza però aspettarsi la soluzione per diventare uno scrittore migliore, un fidanzato migliore, un amante migliore, un uomo migliore.
Il film poi brilla – e non possiamo non ammetterlo – della straordinaria performance di Kevin Kline, uno dei pochissimi attori in grado di interpretare un personaggio simpatico e arrogante al contempo, che ricorda a più riprese l’Otto di Un pesce di nome Wanda. La degna spalla di Kline è un bravo Paul Dano, in un personaggio ben tagliato sul suo volto. Presente in ruoli secondari una rediviva Katie Holmes e un irresistibile John C. Reilly barbuto e con voce in falsetto.
Ottima la colonna sonora di Klaus Badelt (Il piccolo Nicolas e i suoi genitori, Il re scorpione 2 – Il destino di un guerriero) così come la scelta di brani musicali non originali (su tutti “Dandy in the underworld” dei T-Rex, perfetta per chiudere il film anche a livello tematico).