Si vede che a William Monahan, regista e sceneggiatore di London Boulevard, piace scrivere film in cui alla fine tutti muoiono. O quasi. Era già successo con The departed – Il bene e il male di Scorsese, che fece guadagnare a Martin la statuetta per la miglior regia e a William quella per la migliore sceneggiatura. Ma Monahan non è Scorsese e London Boulevard, in bilico tra Notting Hill, La guardia del corpo e The departed – Il bene e il male, cade nel fosso.

Solo Colin Farrell e Keira Knightley si salvano. Più per la bellezza che per linterpretazione. Perché non devessere difficile vestire i panni di un bad boy che ha trovato il suo riscatto in prigione – di cui vediamo solo la porta duscita – e che ora picchia duro in nome della sua ritrovata bontà. Oltre che per amore. Anche se lespressione di Mitchel-Farrell non cambia dallinizio alla fine. Nemmeno quando si innamora della pura ed evanescente Charlotte-Knigthley. Che altro non è se non unattrice cinematografica assediata dai paparazzi in cerca di notizie succulente. Lei, che vive abbandonata dal marito in una dimora londinese e rifugia il malessere per il proprio lavoro nella pittura.

In questo nulla la fotografia ha il suo perché. Sgranata nel tono del grigio fumo di Londra che tanto si addice alla capitale dello Union Jack. Quel poco – o tanto, a seconda dei gusti – che basta ad amalgamare tra sé il bene e il male, la torbida criminalità con il bisogno di riscatto. E la vita insanguinata di uno che deve guardarsi le spalle con quella buia e claustrofobica di chi vive in una prigione dorata. Ma allora è questo il punto. La libertà. Di essere e fare ciò che si vuole. Riscattarsi dal proprio passato insanguinato. Perchè in fondo Mitchell è un buono. Si preoccupa che le persone che ama abbiano tutto.

La sua sfortuna è di essere nato dalla parte sbagliata, quella di chi deve arrabattarsi per sopravvivere, in qualche modo. Ma in che cosa la sua vita è diversa da quella di Charlotte, rinchiusa nellobbligo di un matrimonio sbagliato, controllata a vista da paparazzi pronti a tutto per gettare discredito sul suo nome? Forse solo nel fatto che mentre Michtell agisce, scansando con decisione chi lo vorrebbe tra i propri ranghi criminali, Charlotte si lascia vivere nel grigiore della sua casa. Subisce, avviluppandosi nel tedio e nella tristezza, mentre Mitchell ha decisamente troppo da fare per fermarsi a pensare a quanto è ingiusta la vita. Anche se forse avrebbe dovuto farlo.

Pur mantenendo fede alla propria natura altruista e al desiderio di cercarsi una vita migliore, avrebbe potuto fermarsi un attimo a riflettere. Circa il fatto che se sei in un giro criminale, forse è difficile uscirne. Non importa quanto forte tu sia, quanta determinazione ti spinge a raggiungere la luce in fondo al tunnel. Poco conta se sei tanto sicuro di te, da marciare contro il grande capo. Ci sarà sempre qualcuno, quando meno te l’aspetti, pronto a fartela pagare.

Accade così, che se in The departed il bene e il male convivevano come facce di una stessa medaglia, in London Boulevard è il male a farla da padrone. Perché qui il bene fa una brutta fine. Un’emozione accomuna i due film. Lo stupore per il finale. Se ci si arriva, in questo caso. Perché il ritmo lento iniziale e la sensazione che nella trama convivano due film che a stento si incontrano (la storia d’amore con Charlotte e i rapporti di Mitchel con la criminalità) fanno pensare, a tratti, di aver sbagliato sala.