Lumanità è vittima del destino o detiene il libero arbitrio? Come direbbe Amleto, questo è il problema. Agli scrittori e ai cineasti piace sviscerare il tema in questione e George Nolfi ci prova adattando un racconto di Philip K. Dick, Adjustment Team, centrato sullidea di una realtà nascosta dietro lapparente normalità quotidiana.
Lautore di Blade Runner immaginò (nel 1954) che la vita umana fosse guidata da un gruppo di burocrati con il cappello in testa, responsabili del funzionamento del mondo intero secondo un progetto prestabilito. Interpretando liberamente il racconto, il film mette in scena una storia damore e di metafisici inseguimenti ambientata a New York, dove un politico si innamora di una ballerina e, per averla, mette a repentaglio la propria carriera e scombina il destino del mondo intero.
David Norris (Matt Damon), candidato al Senato degli Stati Uniti, ha molte probabilità di vincere le elezioni, ma la sua attenzione è distratta dal fatidico incontro (nel bagno degli uomini) con la bella Elise (Emily Blunt), con la quale si instaura unimmediata alchimia. David la incontra di nuovo su un autobus cittadino: sembra proprio che il destino li spinga luno nelle braccia dellaltro.
E invece no, perché David è braccato da una squadra di uomini vestiti di grigio che gli rivelano una scomoda verità. Luomo non è libero di fare le sue scelte. Non quelle che contano, almeno. Esiste un grande capo che disegna i piani per lumanità e, attraverso i suoi messaggeri, fa in modo che siano rispettati, provocando degli incidenti di percorso tesi ad aggiustare la rotta di chi tenta di deviare dalla strada maestra. Un tempo lumanità deteneva il libero arbitrio, ma non è stata in grado di gestirlo. Due guerre mondiali, il nazismo e un paio di bombe atomiche lhanno ampiamente dimostrato. E così siamo tutti condannati a camminare al guinzaglio.
David, però, si oppone. Qual è la forza che spinge un uomo a ribellarsi addirittura a un piano cosmico? Lamore, naturalmente. I guardiani vogliono che David ed Elise si separino, perché insieme non sono destinati a fare grandi cose. Lei finirebbe per insegnare danza alle bambine di sei anni e lui non potrebbe garantire al mondo i benefici di una vita dedicata interamente alla politica. Come diceva il buon Virgilio, però, amor omnia vincit, lamore vince tutto. persino il fato. Fuggendo insieme dai loro metafisici cacciatori, David ed Elise scoprono che il mondo geometrico di New York nasconde un labirinto avulso da ogni legge spaziale e temporale, entrano nel quartier generale delladjustment team e sono pronti a sfidare il capo in persona, per affermare la loro scelta individuale.
I Guardiani del destino è uno strano, ma non spiacevole incrocio tra un thriller romantico e un film fantascientifico/filosofico in stile Inception. Matt Damon continua a scappare come in The Bourne Ultimatum e la sua perfetta intesa con Emily Blunt, elegante e originale, dà una marcia in più a una love story che, in fin dei conti, è la nota dominante della pellicola.
Uno spettatore attento non può bypassare i buchi nella trama metafisica, che lascia aperte troppe domande e si scioglie in un finale che non soddisfa pienamente. La riflessione sul destino e sulla libertà poteva spingersi oltre, ma c’era un rischio: sconfinare nella filosofia e nella religione, che dalla notte dei tempi tentano di rispondere alla domanda cruciale dell’uomo.
Sembra che Nolfi abbia preferito raccontarci una romantica storia d’amore tra due persone molto diverse tra loro, ma accomunate da una strana sintonia e dalla fiducia incrollabile nei sentimenti, nell’esistenza dell’anima gemella. I guardiani, in fondo, lasciano una scelta al protagonista. La scelta tra l’amore e la carriera (la felicità e il successo sono due strade che divergono nel film, forse in un modo fin troppo manicheo). E lui è disposto ad assecondare l’ordine che gli è imposto solo per non impedire a Elise di diventare una grande ballerina, salvo poi capire che una persona può decidere per un’altra.
Cosa ci resta? L’idea che al cuore non comanda nessuno. Nemmeno i guardiani del destino.