Ha allenato la nazionale di rugby più forte del mondo (gli All Blacks), la più cattiva (i Barbarians) e la più bella (i Fighi dIndia). A livello di club ha guidato la squadra più ingenua (i francesi del Ton Tolone), la più fortunata (gli italiani del Cus Ano Milanino), la più indisciplinata (gli svizzeri dello Schiamazzi di Chiasso). Ha giocato con campioni del calibro di Beto Niera (pilone argentino capace come pochi di cementare lo spirito di squadra), Sylvester Tallone (detto il Tallone italiano, tallonatore così tenace nel tallonare gli avversari che ha subìto in carriera una decina di accuse per reato di stalking) o Flank Sinatra (il flanker che le cantava a tutti gli avversari). E per gli appassionati di palla ovale è ancora un mito: è H.H., Henergumeno Herrera. Il suo motto Haka la bala!, cioè Prendi la palla e falla ballare accompagnando il tutto con linguacce e gestacci agli avversari ha fatto la fortuna di tante squadre. Nessuno meglio di lui può dare i consigli giusti agli azzurri di Nick Mallett, impegnati nei Mondiali in Nuova Zelanda: oggi affrontano gli Usa, ma sono già proiettati alla sfida di domenica 2 ottobre, quando contenderanno allIrlanda il passaggio ai quarti, un traguardo che ci farà entrare nella storia (finora siamo solo nelle storielle che si raccontano nei pub i tifosi britannici del Sei nazioni).
ComicAstri: Mister H.H., la sfida con lIrlanda dove si può cominciare a vincerla?
Henergumeno Herrera: Negli spogliatoi, anticipando il terzo tempo al pre-partita. Ciascun azzurro dovrebbe portare in dono al suo avversario una bella cassa di birre irlandesi. Ce ne sono di ottime: la Guinness, la Porterhouse, la Harp Lager, la Kilkenny, la Murphys. Ma io punterei sulla Eddie Murphys: una birra scura che provoca attacchi incontrollati di ilarità, da piegarsi in due dal ridere.
ComicAstri: Gli irlandesi potrebbero anche non cascarci. Una volta entrati in campo sobri, come la mettiamo? A cosa possiamo aggrapparci?
Potremmo lavorarli ai flanker.
ComicAstri: In che senso?
I flanker sono due terze linee, precisamente il n. 6 e il n. 7, che stanno “ai fianchi” del n. 8, detto anche terza linea centro. Partecipano alla mischia chiusa e alle touche e, rispetto, ai primi cinque uomini (piloni, tallonatore, seconde linee) sono più dinamici e partecipano di più al gioco “aperto”, sia in attacco sia in difesa. Con il n. 7, in particolare, hanno giocato alcuni tra i migliori giocatori della storia: rispetto al 6, il 7 ha normalmente un raggio dazione più ampio e può essere presente ovunque.
ComicAstri: E quindi?
Quindi, niente. Quanti sanno chi sono e cosa fanno i flanker? Era solo così per dire, un esercizio di erudizione rugbystica. E poi, come dice sempre il mio vice, Josè Marmourinho, uno dal fisico marmoureo: “Non sono mica un “picha”!”.
ComicAstri: E che ruolo è il picha?
H.H.: Picha dalle nostre parti vuol dire “pirla”. E detto tra noi, in fatto di rugby, mi sembrate un po’ due picha!
ComicAstri: Lei picha un po’ troppo duro, per i nostri gusti, ma passiamo oltre. Una delle fasi di gioco decisive saranno sicuramente le mischie. Che cosa può fare il pacchetto azzurro per mettere in difficoltà quello irlandese?
Premesso che ai miei tempi il pacchetto irlandese me lo sarei fumato tutto da solo, una mia tecnica personale più volta usata per batterli vede come protagonista proprio il mediano di mischia. Si sa che gli irlandesi sono bravi a leggere le partite. E allora il nostro mediano deve gettare nella mischia una decina di copie di libri di grandi scrittori loro connazionali: James Joyce, Oscar Wilde o Samuel Beckett. A quel punto il loro pacchetto di mischia, che è guidato da O’Blio (fa molta fatica a ricordare le cose, per cui deve leggerle e rileggerle più volte), O’Torino (non sa resistere al richiamo della cultura) e O’Beso (è ingombrante come una libreria a 15 ripiani), si getterà avidamente sui libri, anche perché gli irlandesi non vogliono mai fare la figura degli zoticoni, come vengono derisi nelle barzellette che gli inglesi raccontano su di loro. E per l’Italia sarà un gioco da ragazzi recuperare la palla e avviare l’azione.
ComicAstri: Una fase di gioco in cui l’Italia è debole è la touche, cioè la rimessa laterale per riprendere il gioco dopo che la palla è uscita di lato. Che speranze abbiamo?
Qui c’è poco da fare. Certo, se gli italiani si trovassero ad affrontare una qualsiasi rappresentativa femminile, con la touche non avrebbero eguali. Ma gli irlandesi, come dice l’articolo “gli”, sono uomini, ed hanno purtroppo tra le loro file un vero fuoriclasse: O’Zono, capace di saltare ad altezze siderali. Impossibile fermarlo.
ComicAstri: E come siamo messi nelle azioni alla mano?
Secondo me le facciamo un po’ con i piedi. Meglio non insistere. E poi, come dice il vecchio adagio, “gioco di mano, gioco di villano”.
ComicAstri: E con ciò?
Con ciò mi confermate che in fatto di rugby siete proprio due “machu picha”!
ComicAstri: C’è un giocatore azzurro che qui ai Mondiali non c’è, ma che avrebbe potuto fare comodo all’Italia?
Certo. E’ Maciste Ruspa. Purtroppo è assente per motivi di lavoro, perché non gli hanno dato le ferie.
ComicAstri: Ma che attività svolge il nostro Maciste?
H.H.: Fa il panettiere a Siena.
ComicAstri: E’ un dettaglio importante il fatto che lavori a Siena?
Eh si che è importante, perché è l’unico panettiere capace di fare il panforte! Maciste Ruspa è dotato infatti di una forza erculea, mentre suo fratello Ercole ha una forza macìstea e sua sorella Lara, diminutivo di Laracchia, ha una forza bruta. Mi ricordo Ruspa in una sfida contro l’Inghilterra: se con l’Inghil non ha toccato palla, contro Terra ha scavato nella loro difesa fino a spianarla tutta. Un vero caterpillar. Ruspa sarebbe stato quindi l’ideale per contrastare efficamente O’Rango e O’Belyx, i due possenti centri irlandesi. Nella vita ciascuno ha il suo motto. John Lennon diceva sempre: “C’è chi suona la chitarra e chi la scorda a casa”. Bach amava ripetere: “C’è chi suona l’organo e chi lo dona all’Aido”. Di Vissani si ricordano queste parole: “C’è chi suona i piatti e chi li serve in tavola”. Ebbene il motto di Maciste Ruspa dice tutto di lui: “C’è chi suona nella banda e chi se la porta tutta sulle spalle: e quello sono io me stesso medesimo”. Un vero uomo squadra.
ComicAstri: Un’ultima domanda, mister: riuscirà l’Italia a raggiungere una meta?
H.H.: Sì, confido in Tommaso Benvenuti, centro del Benetton Treviso. Quando lo allenavo io, per la sua capacità di trovare sempre la meta, lo chiamavo TomTom.