La vita è unimmensa sala cinematografica dove si ignora quale film verrà proiettato!. A vederlo mette subito simpatia, ma i suoi cento anni li dimostra proprio tutti. Ingobbito fino quasi a sembrare incastrato nella sua scrivania e incartapecorito forse più dei suoi appunti, dei libri e delle scartoffie che da anni giacciono in rigoroso disordine, il professor Riccardo Melone, grande esperto di cinema e di cineforum, ci accoglie nel suo studio, buio come se si dovessero spegnere le luci per linizio di una proiezione.
Dopo averci accolto facendo il verso del leone della Metro Goldwyn Meyer, per metterci a nostro agio esordisce, rivolgendosi a uno di noi, con un Ma sa che, a guardarla da vicino, mi ricorda tantissimo il grande Harrison Ford Transit?, e qui cominciamo a capire perché i suoi studenti, allUniversità di Cannes, dove insegna Storia critica del cinema, Anatomia dellOscar e Fenomenologia dei popcorn, da qualche decennio lo abbiano soprannominato Riccardo Fuor di Melone.
Cento anni compiuti da poco, il 1 gennaio 2012, Melone è un vero database vivente sulla storia del cinema, con il piccolo difetto – roba da poco -, sopraggiunto e cresciuto con letà, che le informazioni sui titoli e sulle trame dei film, nonché i nomi degli attori, gli si sono un po shakerati dentro il cervello, con effetti, peraltro interessanti, che andremo a scoprire insieme.

Professore, ma è vero che la sua passione per il cinema nasce prestissimo, a soli tre anni?

Il nonno materno, Balanzone Brighella, era un grande melomane, cioè gli piacevano il canto e le mele, e come lavoro faceva la maschera in un periferico cinema dessai, nel senso che era essai in periferia. A tre anni e mezzo, era lottobre del 1915, ho avuto la fortuna di vedere con lui The Birth of a Nation (Nascita di una Nazione) e da quel momento mi sono innamorato del cinema, il cinema si è innamorato di me, e da allora non ci siamo più lasciati.

Cosa ricorda, in particolare, di quel primo film?

La sua straordinaria colonna sonora.

Ma se era un film muto!

Sì, il film era muto, ma il nonno – che era pur sempre la 122ma volta che lo vedeva, e per ingannare il tempo, doveva pur inventarsi qualcosa – ha continuato a fischiettare e cantare per tutta la durata della pellicola: in sala si sentiva benissimo.

Altri ricordi di quel tempo?

Con lentusiasmo tipico dei giovani, già alluscita dal cinema ho chiesto al nonno di riportarmi al più presto a vedere un altro film. E dopo quasi un quarto di secolo, il film è del 1939, mi ha subito accontentato.

Subito? Venticinque anni dopo non esattamente un intervallo tra il primo ed il secondo tempo di una pellicola

Proprio così. Mio nonno era un po distratto, ma era un uomo di parola e aveva una memoria di ferro. Così mi ha portato a vedere Via col vento, quel filmone dove i due protagonisti, Rossella OChe Aria Tira e Clark Gàbola, un vero maestro di intrighi, si baciano ininterrottamente per quattro ore sul Viale del Tramonto – o forse era il Parco della Vittoria? – mentre tuttintorno soffia un fortissimo vento di tramontana. E poi ho visto anche il sequel

Il sequel di Via col vento? Mai visto

Ma sì, “Via col ventuno”, dove i fratelli Leonardo e Peppino Di Caprio giocano in coppia a scopa liscia (dove per vincere bisogna fare 21 punti, ecco spiegato il titolo…) contro i fratelli Marcella e Gianni Bella. Ma mi sono sempre chiesto: Gianni è una donna, per chiamarsi “Bella”? E poi, chi dei due ha interpretato la Bella? E chi la Bestia?

Sono risposte che lasciamo volentieri ai suoi studi. Ci risulta invece che a lei piacciano soprattutto i film romantici, quelli strappalacrime. E’ vero?

Oh no, io li guardo esclusivamente perché è il mio lavoro, non amo queste romanticherie. Anzi, vi confesserò che ho sempre stroncato le interpretazioni di Hanna Schygulla, un’attrice che fa davvero piangere.

A proposito, quali sono le attrici che più ha ammirato?

Senza dubbio le due sorelle di Sophia Loren. Non solo Philosophia Loren nel grande film “Socratoon, Platoon e Aristoteloon”, ma anche Sophia McLoren, in “Le 24 ore di Le Mans”, dove interpreta la monoposto guidata da Steve McQueen.

E tra gli attori?

Il grande Mal Pancino: ogni sua interpretazione è per me come un pugno nello stomaco!

E recentemente che film ha visto?

Un adrenalinico 007, ancora inedito nelle sale, carico di azione e suspence: “La morte può attendere, la suocera no!”. Quanti inseguimenti e quante botte, soprattutto della suocera…

Era interpretato da Roger Moore?

 

Certo. E l’ho visto a Berlino in lingua tedesca.

Perché?

La voce di Roger Moore, nei suoi film distribuiti per il circuito tedesco, è doppiata da Hans Jurgen Dieter Muhr. Bravo, ma così bravo a immedesimarsi nel famoso attore inglese che in Germania è da tutti conosciuto come il “Moore di Berlino”.

Professor Melone, passiamo ai film di sperimentazione, per palati fini e cultori del genere, visto che lei è universalmente riconosciuto come un grande esperto nonché organizzatore di cineforum. Ci dia alcuni nomi di registi sperimentalisti da non perdere in questo 2012…

Partirei senza esitazione dal mai abbastanza compianto regista italiano Alessandro Massimo Mammazzo, meglio conosciuto con il nome d’arte di Al Massimo Mammazzo.

E che film ci consiglia?

Mammazzo, che è nato a Lomazzo (Como) e per arrivare dove è arrivato si è fatto un bel mazzo, è il regista dello straordinario on the air dal titolo “Dagli Appennini alle Ande”. Nulla a che vedere, naturalmente, con Edmondo De Amicis. Qui è infatti narrato, con sapiente maestria, in tempo reale, il volo di una coppia di sposi in viaggio di nozze, Anna e Sergio, che celebrato il loro matrimonio a Bologna (ecco il riferimento agli Appennini, i film vanno apprezzati anche nei dettagli più insignificanti), si imbarcano a Fiumicino, destinazione Quito, capitale dell’Ecuador, nel cuore delle Ande, posta a 2.850 metri sopra il livello del mare. La pellicola segue, dal momento del decollo fino all’atterraggio, il tranquillo viaggio dei due sposini, che a causa della stanchezza per la cerimonia nuziale e per il fuso orario, riposano profondamente per i due terzi del viaggio. La telecamera indugia senza soluzione di continuità sui loro volti in primo piano, quasi a voler indagare nel loro intimo più recondito, nei loro pensieri più celati, nel loro animo più velato. Il film, di 14 ore e 15 minuti (cioè quanto dura il volo da Roma a Quito), si conclude con il classico applauso liberatorio di chi sa di aver toccato terra sano e salvo. E anche dal pubblico, preso emotivamente dalla trama avvincente, sgorga spontaneo un bell’applauso liberatorio.

Altri suoi titoli da non perdere?

Purtroppo questa opera prima è finora anche l’ultima regìa della carriera di Mammazzo che, nomen omen, ha cercato di suicidarsi, fingendosi uno stunt man, poche settimane dopo le riprese, avendo scoperto che la produzione gli avrebbe negato i finanziamenti e la troupe per girare il suo secondo film, a cui aveva già posto il titolo di “Dalle Ande agli Appennini, il ritorno con coda al check in”.

Il secondo nome?

Non posso non nominare la grande regista rumena Parheva Emikrania, di cui accenno solo qualche titolo: “Testa calda” (è la storia di un fiammifero che si infiamma alla pur minima sfregatura), “Lavata di capo” (un film di denuncia ambientalista: è un duro atto d’accusa contro parrucchieri ed estetiste che usano shampoo troppo schiumogeni, e perciò, maggiormente inquinanti) e il celeberrimo, girato in Italia in dialetto meneghino, “Cent co, cent crapp. Cent cu, dusent ciapp!”, che narra la disfida tra un gruppo di intellettuali e una stralunata compagnia di gay.

Se dovesse nominare, tra gli sperimentalisti, qualche autore affascinato dal genere avventuroso, a chi andrebbe il suo plauso?

In assoluto all’argentino, ma originario dell’arcipelago cileno della Terra del Fuoco, Konstantin Del Camino, che si firmava sempre con la sigla “K. Del Camino”. Di lui ricordo volentieri “D’Artagnam e i tre droghieri”, un film di coppa e spada; “Mucche alla riscossa”, un film di vacca e spada; “Il profumo del posto selvatico”, un film di cacca e spada; “Le incredibili vite parallele dei due Tony: Little e Manero”, un film di lacca e spada; infine, “La tonnara”, un film di pesce spada.

Un’ultima segnalazione, professore, ma che sia qualcosa di frizzante, di brillante, di divertente, senza per questo cadere nel banale…

Chi meglio allora dei sempreverdi e sempreallegri fratelli greci Cipressis e Orkitis Kedumarrònis, detti “i fratelli Cohen del Peloponneso”, autori di commedie dall’impronta più malandrina e briosa, come la loro opera portata a termine con grande fatica, “La corsa di Milziade”, una pellicola di 42 chilometri, dove il famoso attore Georghios Clùnis, quello che fa la pubblicità al caffè greco Nespressis, dà voce in maniera drammatica e ansimante all’affaticata milza di Milziade. Sempre di Cipressis e Orkitis Kedumarrònis, non posso non segnalarvi la visione di “Le avventure di Mimnermo, Mincespico e Mimmòlo”, interpretati dal trio comico ellenico Aldis, Giovannis kai Giacomis. E per chiudere questa simpatica seppur sintetica carrellata, consiglio lo splendido “Non star lì a guardare tutto: chiudi un occhio, Polifemo!”, il cui protagonista, uno straordinario Kristallinos Monocolis, è stato anche vincitore del premio “Cechov 2009”.

 

(dedicato a don Giovanni, pastore d’anime esperto di cinema, ma soprattutto nostro amico, che il 1° gennaio di anni non ne ha fatti cento, ma “solo” la metà!)