Nel 2006 ci ha incantato con il capolavoro visionario Il labirinto del fauno, e con tutta la sua filmografia ha dimostrato che il cinema horror può avere una certa profondità e sensibilità di fondo. Stavolta, secondo una tendenza comune a tanti altri grandi nomi, Guillermo Del Toro firma il progetto come sceneggiatore e produttore mandando avanti alla regia un esordiente, il fumettista Troy Nixey. Nella mente di Del Toro da ben quindici anni, Non avere paura del buio è ladattamento di un horror televisivo inglese del 1973, e rispecchia pienamente la passione del cineasta messicano verso mondi fantastici popolati da creature spesso spaventose, accostati a contesti realistici.

Lincontro tra reale e fiabesco, come di solito accade, passa attraverso gli occhi di un bambino, in questo caso di Sally, spedita suo malgrado dalla madre nel Rhode Island, per passare del tempo con il padre Alex (Guy Pearce) e la sua compagna Kim (Katie Holmes) nella maestosa villa vittoriana che i due stanno ristrutturando. Infelice e spaesata, lintroversa Sally cerca unevasione da quella che vive come una prigione e la trova quando scopre uno scantinato in disuso abitato da strane presenze.

Inizialmente Sally è incuriosita e vorrebbe fare amicizia con questi esserini che le parlano dallinterno di una fornace chiamandola per nome, ma quando inavvertitamente li libera si accorge che le loro intenzioni sono tuttaltro che benevole: si tratta di creature dallaspetto terribile che escono allo scoperto solo nelloscurità, il cui scopo è impossessarsi dellenergia dei bambini e che un secolo prima inghiottirono nella fornace il figlio del proprietario della casa. Per Sally è linizio di un incubo.

Il talentuoso Del Toro attinge da una vasta letteratura, da cui deve essere molto affascinato, che ha a oggetto esseri simili agli gnomi, ma decisamente più pericolosi. Mettere a confronto questi miti e suggestioni con le paure insite in ogni bambino (vedi titolo) è certamente efficace, anche se ne Il labirinto del fauno il fatto che le creature incantate si muovessero su una sottile linea di confine tra lessere amichevoli e malvagie rendeva il tutto più intrigante, mentre qui le intenzioni degli homuncoli sono da subito fin troppo chiare.

Il film ruota anche intorno allincomunicabilità tra il mondo infantile e quello degli adulti: Sally si avvicina alle inquietanti presenze perché tra gli umani non trova nessuno che parli il suo linguaggio, e anche quando si trova in pericolo non trova conforto e protezione. Se almeno Kim, dopo lo scetticismo iniziale, cerca di ascoltarla e capirla, il padre, freddo e preso unicamente dalla carriera, le mostra solo indifferenza.

Il discorso non è però approfondito, perché a parlare è soprattutto il linguaggio delle immagini e Nixey, già artista visivo nel campo dei fumetti, in questo si dimostra virtuoso, regalando scene di grande impatto e tensione, giocando abilmente con la luce e il buio e creando un senso di claustrofobia e soffocamento intorno alla bambina, vittima di terribili attacchi dai mostriciattoli. Particolarmente riuscite le scene nella doccia e sul letto, in cui la cinepresa gioca abilmente con le lenzuola. Un lavoro dunque accurato e ben fatto, ma quando Del Toro è anche regista c’è quel tocco personale in più che fa la differenza, un approccio visionario e una capacità di suggestionare lo spettatore difficilmente replicabili.

Infine, gli attori: Guy Pearce è particolarmente inespressivo, probabilmente in linea con il suo arido personaggio. Katie Holmes fa il suo dovere, ma scompare accanto alla piccola Bailee Madison, veramente sorprendente e bravissima soprattutto a interpretare il lato combattivo della piccola Sally, che con coraggio e ingegno darà del filo da torcere alle perfide creaturine.