A Beppe Grillo, nella puntata di questa settimana di Servizio Pubblico, è stata affidata lanteprima tenuta di solito da Santoro. Il comico genovese ha delineato con queste parole la situazione attuale del nostro Paese: L’Italia sta naufragando come la nave della Costa. Il comico genovese trova particolarmente affini la casta politica italiana e il comandante Schettino, entrambi “con la coda tra le gambe” mentre si trovano a dirigere la nave fuori da una situazione difficile e complessa.
Gli italiani, dice Grillo, sono in difficoltà per il lavoro, i posti mancano e lo spread aumenta, ma le uniche soluzioni adottate dai politici sono quelle di mettere le classi lavorative l’una contro l’altra dall’alto dei loro “uffici da burocrati newyorkesi”.
La copertina del programma si sposta poi sui dissidenti della “Rivolta dei forconi” a Caltanissetta, che hanno incrociato le braccia a oltranza.
Gli scioperanti impongono il blocco dei trasporti e si appellano agli italiani affinché facciano lo stesso, per ottenere prima o poi “la dignità che spetta al popolo italiano”.
Prende la parola un autotrasportatore che spiega come il fermo del commercio sia dovuto a una reazione a catena: i commercianti non chiamano la committenza, la committenza non chiama i trasporti, tutto si ferma. Lautotrasportatore ritiene che l’aumento dell’IVA al 21% sia nocivo, impossibile da sostenere, così come l’eventualità che la stessa salga al 23%: i commercianti – dice – si ritroveranno con attività commerciali e botteghe vuote.
Molto alta è la tensione tra la folla, che lamenta come in Germania su ogni tipi d’acquisto – abbigliamento, automobili e altri beni materiali si possano avere detrazioni fiscali, diversamente che nel nostro paese.
“350 euro di autostrada, 350 euro di traghetto, 1200 euro di gasolio, 700 euro di autista” – queste le cifre di un autotrasportatore catanese, per andare da Catania a Milano con un TIR: nel trasporto merci a lunga percorrenza, spiega, sono più le spese che i guadagni, e senza guadagno non ci sono soldi e l’economia non gira.
Il guadagno effettivo di un trasportatore rasenta i 10 euro giornalieri, una miseria per otto – dieci ore lavorative. Mancano i soldi per l’assicurazione – dicono – per la manutenzione delle ruote, per coprire le rate di acquisto del TIR stesso (il prezzo del mezzo va oltre i 200 mila euro).



Un agricoltore lamenta il fatto di essere considerato un coltivatore diretto solo perché versa contributi per 3000 mila euro all’INPS, che in caso contrario non pagherebbe in caso di infortunio sul lavoro. Molto forte è la polemica, la classe politica è considerata come una vera e propria casta, incapace di andare incontro ai lavoratori, quei lavoratori che con il loro sudore e i propri sacrifici devono guidare l’Italia fuori dal tunnel della crisi economica; ma se lo Stato non incentiva e salvaguarda il lavoro del singolo cittadino, le speranze di uscire sono praticamente nulle.
Un altro coltivatore diretto lamenta il fatto che al sud i carciofi che produce vengano pagati solo 2 euro, mentre al nord, al chilo, vengono “pompati” a cifre inverosimili, fino ad arrivare a 10 euro. Tutti gli agricoltori, dice, hanno dovuto ipotecare l’azienda agricola, perché la concorrenza con i prodotti d’importazione è alta: all’estero hanno costi di trasporto e di imballaggio irrisori rispetto a quelli che devono sostenere i coltivatori italiani, ecco perché sui mercati italiani i prodotti extra – europei si trovano a prezzi bassissimi.
Le tasse – dice un bracciante – vanno pagate, ma quelle giuste, non quelle che hanno come unico scopo quello di garantire il lusso ai politici e la fame e la miseria al popolo lavoratore.

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