Non vi è dubbio che, tra tutti i media, la tv sia quello in grado di rispecchiare con maggior precisione pregi e difetti, stili e mentalità, gusti, cultura e linguaggio del popolo a cui si rivolge. Si obietterà che un intellettuale non apprezzerà mai un reality, né un adolescente una fiction della Rai. Ma i programmi sono tanti, e a ciascuno il suo. Sta di fatto, quindi, che la televisione, presa nel suo complesso, rappresenta (ovviamente per difetto) la società italiana. Che di recente è cambiata. Per lo meno, con la crisi, la caduta di Berlusconi e larrivo di Monti, unera ha segnato il passo. Abbiano chiesto a Maurizio Caverzan se la tv se ne è accorta.
La prossima stagione televisiva recepirà il cambiamento?
Credo che la televisione risentirà del cambio di regime che ha riguardato i palazzi romani. Siamo passati dalla politica spettacolo alla politica tecnica. Per cui le trasmissioni fatte di gossip, glamour, veline, flirt o amorazzi dei vip fanno parte del vecchio conio. Così come i reality e linfotainment, linformazione frammischiata allintrattenimento.
In cosa consiste il nuovo conio?
Cresce una tv più fredda e informativa, che ha lo scopo di far comprendere la crisi. Leconomia diventa il linguaggio base dellinformazione. Ma linformazione dovrà subire la stessa trasformazione della politica: da spettacolare a tecnica.
Questo, concretamente, cosa comporta?
Meno opinionisti, più numeri e sondaggi. Il talkshow vecchio stile, incubatore dellopinione, è superato. Specie quello più militante (alla Santoro) e quello più cerimoniale (alla Vespa). Non è un caso che si stanno incrementando i canali all-news 24. Si sa quello che cè da sapere, e ciascuno si forma lopinione in altro modo.
Con la fine dellepoca berlusconiana (posto che sia tale), in sostanza, siamo destinati a morire di noia? O cè ancora spazio per approfondimenti il cui unico argomento non sia il perenne referendum su Berlusconi?
Sicuramente sì; La7, ad esempio, è un terreno ancora fertile. Penso, in particolare, a talk show veloci come Otto e o In Onda. O, al di là dei talk show, ai programmi di inchieste come Gli Intoccabili. Programmi che raccontano i retroscena reali. E che, benché siano, magari, politicamente orientati, non si limitano semplicemente a dar voce al più viscerale antiberlusconismo.
Assisteremo anche ad un epidemia nei palinsesti – dei politici-opinionisti di professione, i soliti noti che per anni hanno popolato tutti i programmi televisivi?
E’ molto probabile; c’è una ricerca di facce nuove e interlocutori provenienti dalla società civile economicamente competenti. Del resto, il cittadino comune ha iniziato a familiarizzare con concetti come “crisi”, “spread”, ”btp”, “default”, “rating”; variabili e materie che, sino ad alcuni mesi fa, ci erano estranei. Per cui, si cercano esperti autorevoli che possano far da guida.
La gente dovrà pur svagarsi, di tanto in tanto. Cosa ne sarà dell’intrattenimento?
In una televisione che ha come parola d’ordine la concretezza, di sicuro i talent show saranno più avvantaggiati dei reality show.
Perché?
L’Isola dei famosi, ad esempio, è una passerella di vip e super vip. Ora, addirittura, si farà una specie di campionato dei vincitori delle scorse edizioni; il Grande fratello, dal canto suo, è una chiacchiera full time. Nei talent show, per lo meno, ci sono gare, prove da superare, talenti da coltivare, far crescere e imporre. Certo, vanno fatti importanti distinguo.
Prego
I prodotti delle pay tv sono decisamente più all’avanguardia della tv generalista. Si rivolgono ad un pubblico scelto. Basta guardare X Factor di quest’anno, imparagonabile con quello di Raidue per forza narrativa, interattività, efficacia dei giurati o scelta dei testi. Programmi come Ballando con le Stelle o Ti lascio una canzone continueranno ad andare in onda per un pubblico che ha meno pretese e, tendenzialmente, è più in avanti con gli anni.
Tornado ai reality, siamo al preludio della fine?
Per quanto riguarda l’Isola, ho la sensazione che sarà l’ultima edizione. Nonostante, alla fine, ha ceduto (seppure con l’escamotage del campionato), il nuovo direttore generale della Rai si è dichiarato contrario sin da subito alla sua messa in onda. Il Grande Fratello, benché in fase finale manifesterà un sempre maggiore aumento degli ascolti, ha comunque subito una battuta d’arresto. Credo che l’edizione non sarà interrotta, ma sarà anch’essa l’ultima o una delle ultime.
E’ così drastico il calo di ascolti?
Fino a qualche anno fa, nonostante non fosse già più il programma evento dei primi tempi, faceva comunque più ascolti della media delle rete. Oggi non è più così, perché, quando va bene, si attesta tra il 16 e il 17%. E’ evidente che declina un modo di far tv che non piace più alla gente.
Non crede che la proliferazione dell’offerta renda impossibile che un singolo programma sfondi?
Ogni tanto qualche programma ci riesce. L’esempio più eclatante è l’ultimo programma di Fiorello. Anche se bisogna ammettere che ha goduto di alcune condizioni favorevoli, come il fatto di essere il primo programma di un certo tipo mandato in onda dopo le dimissioni di Berlusconi.
Dopo Fiorello, tornerà in voga il grande varietà?
No. E’ un genere di programma che si basa sul talento, l’eleganza e l’eclettismo del conduttore. A febbraio, su Canale 5, ci sarà Panariello ma saremo ben lontani da quei risultati. Come, del resto, si è rivelato parecchio al di sotto l’esperimento di Checco Zalone. Resta da seguire, infine, quali effetti sortirà, in termini di share, l’ospitata a Sanremo di Celentano. Al di là dei superbig, in ogni caso, ci sono alcuni programmi che continueranno a fare grandi ascolti.
Ci faccia un esempio
Il commissario Montalbano resta un sempreverde. Per la forza del suo interprete e l’affidabilità del personaggio. E’ un leader della quotidianità come tutti vorremmo essere.
A proposito, che direzione assumerà, in generale, la fiction?
Molte sono prevedibili e di maniera, e rappresentano la maggior parte di quanto trasmette la tv generalista. Certo, ci sono prodotti estremamente innovativi, come Romanzo criminale. Ma è andato in onda su Sky. Sulle reti generaliste, a parte Montalbano, sul fronte italiano occorre andare indietro con la memoria, alla fiction su De Gasperi o a quella su Basaglia, per trovare elaborati di pregio. Se escludiamo alcune anomalie inspiegabili…
Cioè ?
Intendo dire che ieri sera, su Canale 5, è iniziato il Tredicesimo apostolo, una buon prodotto interamente italiano; e, contemporaneamente – il che non ha senso -, su Rete 4, The Pacific, una fiction prodotta da Spielberg sulla Seconda guerra mondiale nelle isole del Giappone. Un evento che non ha nulla da invidiare al cinema di qualità.
E sul fronte non italiano?
Le fiction straniere, americane e inglesi, continuano ad essere estremamente seguite e di notevole qualità.
(Paolo Nessi)