Report ha aperto la nuova stagione con una prima puntata sui costi della corruzione in Italia. Il programma di inchiesta condotto da Milena Gabanelli su Rai Tre si apre con un’inchiesta a cura di Bernardo Lovene, andato da “curiosare” in Parlamento per scoprire quanti membri sono implicati in condanne di ogni tipo: da quelle in primo grado, a quelle in via definitiva. Il reportage indaga più a fondo sulla legge che permette ai parlamentari di ricandidarsi anche se sono stati condannati: perché ancora non viene emanata una legge in grado di garantire l’incandidabilità per queste persone? Un filmato introduttivo mostra Francesco Sanna, senatore del PD, discutere con tutti gli altri parlamentari dell’arresto di Sergio De Gregorio (senatore del PDL): capo di imputazione il concorso in associazione mafiosa. Milena Gabanelli afrfornta problema principale: l’Europa non si fida della politica italiana e quindi non investe in Italia. L’ONU chiede infatti leggi più incisive per colpire questa piaga e uscire dalla recessione. A Report viene fatta una radiografia del Parlamento in un servizio mostrato, per capire se vi siano i prodromi di un cambiamento. Assieme a De Gregorio, infatti, tutto il PDL si è compattato per fare il modo che il suo reato fosse giudicato impunibile per gravità tra quelli ascrivibili ai senatori. Dal PD Sanna non è d’accordo. In questo Senato schierato in maniera “partitica” pro e contro De Gregorio, emergerebbe solo una verità: la politica sarebbe in grado di nascondere, quanto far emergere polveroni. Vincenzo Nespoli, senatore del PDL, è accusato di aver comprato i suoi voti di eleggibilità barattandoli con merce, soldi e posti di lavoro (tra l’altro lautamente pagati dagli interessati). Intervistato, il protagonista nega tutto e minaccia querele per coloro che hanno messo in giro tali voci. L’Ipercoop di Afragola, secondo il consigliere comunale della città, accusa il senatore di aver fatto compravendita di ben 250 posti di lavoro. Alla fine dei giochi, anche lui è stato salvato dal centrodestra che ha votato contro la mozione di arresto. Il senatore del PDL Piero Longo, fautore della difesa della maggior parte dei senatori del suo partito condannati in primo grado per eventuali reati, davanti alle telecamere sostiene che è il popolo a sentirsi rappresentato da loro: “per me, anche un furfante, se eletto dal popolo, potrebbe far parte dei senatori”. E quando il giornalista gli fa notare che al senato non c’è elezione diretta del popolo, si spazientisce. Alfonso Papa, deputato del PDL processato per concussione e favoreggiamento, è invece uno di quelli che ha scontato 5 mesi di detenzione al carcere di Rebibbia, tornando però, dopo questo periodo, ad esercitare. E nei mesi di custodia preventiva ha anche continuato a percepire più di 10 mila euro di indennità, risultando assente ingiustificato. L’inchiesta si inoltra in un altro, più inquietante aspetto: il fatto cioè che nello stesso partito si trovino, oltre agli onorevoli imputati, anche magistrati che li difendono. Tra i condannati che siedono nei banchi del PDL c’è Aldo Brancher, accusato di appropriazione indebita e ricettazione: è alla terza legislatura dopo essere stato in carcere per aver pagato una tangente di 300 mila euro in passato. Nell’inchiesta, un giornalista prova a fargli notare come, nell’ultima sua candidatura, da subito ha sollevato il legittimo impedimento: ma la risposta che ottiene non è molto eloquente, se non per il fatto che il protagonista dell’intervista continua a ritenersi innocente. Continua alla pagina seguente.  



Pierluigi Castagnetti mostra alcuni numeri: sono più di 500 i condannati che si sono seduti sui banchi del Senato o tra i Deputati dal 1994. Persone come Anita Di Giuseppe hanno trovato la protezione, nonostante fossero indagate, di magistrati come Antonio Di Pietro, aggregandosi all’IDV ed ottenendo conseguente immunità. Report si chiede quando e come dovrà essere attuato il decreto sull’immunità parlamentare che regolamenti questa situazione. Assieme a Donatella Ferranti del PD, vengono ripercorse le attuali linee guida di tale decreto: esse prevedono, sostanzialmente, che intercorra un lasso di tempo di 10 anni per decretare la certezza di condanna per un parlamentare. Tutto questo, per una legge ormai datata. Attualmente si sta cercando, ancora senza successo, di portare questi tempi a non più di 3 anni. Il ministro della giustizia Paola Severino racconta poi la legge di influenza, altro problema di corruzione che spinge alte cariche dello Stato a collaborare fra loro al di sopra della legge: in questo caso subentrano altri protagonisti del tessuto sociale che sono gli imprenditori. Da qui sorgono le gare d’appalto pilotate in cambio di “gettoni” e cariche di potere, che il nuovo decreto vorrebbe regolamentare con manovre più restrittive. La trasmissione fa poi un giro tra varie amministrazioni comunali, per monitorare una situazione che non differisce molto da quella dei seggi del parlamento: si trova un panorama fatto di tangenti, di fondi stanziati illegalmente e, ancora una volta, di gare d’appalto “pilotate”. Nelle interviste, il sindaco di Pontinia, Tombolillo (appartenente al PD), condannato per essersi appropriato di fondi del comune, continua a esercitare la sua professione dopo aver ammesso il fatto e risarcito il comune di tasca sua. Come lui, Angelo Antonio Romano, sindaco di Brusciano, e molti altre cariche hanno subito la stessa clemente sorte. Affacciandosi Oltralpe, si nota un sistema differente, centralizzato e basato sulla meritocrazia: già partendo da Bolzano, per la verità, ad ogni sindaco viene corrisposta tutta una serie di finanziamenti col sistema detto dei “masi”, un microsistema che destina finanziamenti in base a quanto posseduto e, di conseguenza, prodotto. Niente di cosi complicato, ma tale organizzazione riesce ad abbattere la disoccupazione e la corruzione rendendola una delle più basse d’Europa. Alla pagina seguente il video. 



 

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