Per molti Dallas non è una città ma una soap-opera, un luogo fantastico dove intrighi e doppi giochi erano all’ordine del giorno. Per la felicità di questi appassionati, da stasera, torna sugli schermi di Canale 5 il serial anni ’80 infarcito di tradimenti, vizi, lotte per il potere, soldi e petrolio. Il telefilm cult dai numeri record (è stato tradotto e doppiato in 67 lingue diverse in più di 90 nazioni, un record per la televisione americana ancora imbattuto e seguito in un solo episodio da 90 milioni di persone) che è stato trasmesso in Italia dal 1978 al 1991, verrà riproposto da stasera, in prima serata, a più di vent’anni dall’ultima puntata. Nuovo appuntamento, quindi, con la lotta fra il bene e il male, rappresentati dai fratelli Ewing, rispettivamente Bobby e J.R. che furoreggiano ancora nel sequel. Il perfido J.R. non molla e continua a tessere le sue trame contro il fratello e l’intera famiglia. Abbiamo chiesto qualche anticipazione a Maurizio Caverzan, inviato de Il Giornale che ha visto in anteprima la puntata che andrà in onda questa sera.

Sono cambiati i vecchi personaggi della storica serie?

Da ciò che si vede nella prima puntata, i vecchi personaggi conservano sempre il profilo e la fama che li ha fatti conoscere al grande pubblico. J.R. è sempre il perfido burattinaio, Bobby è il fratello buono e volenteroso mentre Sue Ellen è, di nuovo, la signora degli intrighi. Le new entry sono i figli, John Ross III e Christopher che riproducono alla perfezione le caratteristiche dei loro padri: il primo è votato al profitto e spregiudicato, mentre il secondo difende la sua cultura ecologista e ha intenzione di sostituire il mercato dell’oro nero che, giace sotto il ranch di Southfolk, con affari eco-friendly nel mondo dell’energia pulita. Anche le rispettive compagne non deludono per ambizione e furbizia.

Il plot si è rinnovato, oppure ricalca quello degli anni ’80?

I classici intrighi e doppi giochi, in puro stile Dallas non mancheranno. Il tutto sempre condito da episodi che suscitano emozioni contrastanti, una sorta di altalena emotiva che tenta di non annoiare lo spettatore. Ad esempio, la prima puntata si apre con la trivella che trova ancora greggio sotto Southfolk: in quella successiva, l’atmosfera si incupisce in un attimo quando a Bobby viene diagnosticato un tumore gastroenterico. Da qui, si innesca il classico plot con testamenti, eredità e matrimoni.

Se dovesse trovare un analogia con un altro serial?

Da ciò che ho visto, “Dallas” si avvicina più a “Beautiful” che a “Mad Men”. Il telefilm sui rampanti pubblicitari parla al presente, mentre il rilancio del serial ambientato in Texas è una specie di “operazione nostalgia” di quel mondo consacrato al benessere fatto di case, sfarzose belle donne, macchine di lusso e cavalli.

Dunque, “Dallas” non avverte la crisi dell’America moderna?

Per ora sembra non sentirla: la dialettica, come del resto nella prima serie, è tutta rivolta al modo per guadagnare con il petrolio e il bestiame.

Continuerà ad avere successo sebbene sia difficile registrare gli ascolti della prima serie?

Negli anni ’80, il modello “Dallas” funzionava e piaceva: del resto, era tanta la voglia di rigustare il proprio privato e il benessere mancato negli anni di piombo. E’ stato il primo telefilm a entrare in un mondo dorato e sfarzoso e a mostrarci il Texas, un angolo d’America che conoscevamo meno rispetto a New York o Los Angeles. Una specie di scoperta della ricca Brianza berlusconiana con sontuose ville che nascondevano parchi immensi e che, poi, abbiamo capito essere un luogo di piccoli artigiani e imprenditori meno propensi al lusso. Ora, invece, c’è la recessione. Se prima c’era l’edonismo reaganiano, ora ci ritroviamo con il rigorismo merkeliano, l’austerità montiana e la Milano non “da bere” ma da ricostruire viste le vicende degli ultimi tempi. Nonostante tutto ciò, la crisi sembra davvero non essere ancora giunta al ranch di Southfolk.

Il nuovo serial è all’altezza delle aspettative della “generazione Dallas”?

Trent’anni fa, “Dallas” è stato il primo telefilm seriale in Italia: oggi la concorrenza è abbondante e agguerrita e l’effetto novità sembra inevitabilmente essere un po’ scemato. Il pubblico sarà prevalentemente femminile ed è lo stesso audience che guarda Fox Life, “Beautiful” piuttosto che “Private practice”. Da allora, molte cose sono cambiate e non sono così sicuro che i telespettatori abbiano voglia di addentrarsi nelle trame improntate su intrighi e doppi giochi.

Come giudica la scelta della prima serata rispetto al day-time, fascia oraria da sempre votata al genere soap?

Provare il prime time non è sbagliato anche se non sono certo che “Dallas” riesca a durare in prima serata. Non dimentichiamo, però, che è in atto un piccolo rigurgito di edonismo televisivo: basti pensare alla figura del Boss di Flavio Briatore, nel business reality “The apprentice” che è diventato una specie di cult per il suo personaggio brusco e sopra le righe. Per il day-time c’è sempre tempo.