Ci sono diversi buoni motivi per andare a vedere lultimo film di Soldini. Lontano dai soliti drammoni esistenziali italiani o dalle commedie vanziniane, il regista de Il comandante e la cicogna traccia un percorso tutto personale con cui stupisce e ristora. Di cosa parla il film? La chiave è nel titolo. Di un passato che osserva con malinconica rassegnazione il degrado del presente e di un futuro fecondo di speranza. La cicogna, appunto. Che nel film si chiama Agostina ed è solo uno degli elementi tendenti al surrealismo con cui Soldini ha arricchito il mondo dei suoi personaggi. Laltro è rappresentato dalle statue di Garibaldi e altri eroi della Nostra Storia che, immobili nelle loro posture, osservano la vita quotidiana degli italiani di oggi. E se ne dolgono, anche, pensando agli sforzi compiuti per creare il Paese Italia.

Quante battaglie, quanti morti, quanto ardore dietro ogni singolo gesto teso a nutrire lanima di un popolo affinché si trasformasse in un coro unanime. Perchè le vite che Garibaldi e i suoi compari vedono sfilare ai propri piedi sono misere. Sotto molti punti di vista. Cè Leo (Valerio Mastandrea), idraulico con due figli da allevare da solo dopo la prematura scomparsa della moglie. Che continua ad apparirgli ogni notte alle 4 del mattino e a confrontarsi con lui sulle dis-avventure dei due figli adolescenti.

Come quella che travolge Maddalena, irriverente e urlatrice, che finisce con un involontario filmato porno su internet. Poi cè Elia, suo fratello. Magro e nerd, si nasconde dietro un paio di occhialoni con cui ogni giorno cerca in cielo la sua Agostina. Una strana amicizia, la sua, quella che nasce con Amanzio (Giuseppe Battiston), che anni fa ha trovato il modo per guadagnare smettendo di lavorare e ora campa a suo piacimento vagando per la città come ne fosse una mordace coscienza morale. Infine Diana (Alba Rohrwacher), artista giovane e incompresa che fatica ad arrivare alla fine del mese, persa comè nel suo mondo etereo.

Unumanità, quella raccontata sinora, misera e miserabile, ma al contempo dignitosa e reale. Tangibile, da quantè concreta, non per forza veritiera. con le loro vite che Soldini gioca come un burattinaio, facendo riflettere, ma divertire, noi spettatori qualunque. Perchè per quanto misera e povera, la gente che lui racconta ha pur sempre una nota colorata. Leggera e divertente. Un tocco di amarezza si insinua nella storia attraverso il malaffare di un avvocato (Luca Zingaretti), che cura interessi sui generis piuttosto che farsi garante della legalità. Non opprime Soldini. Non schiaccia i suoi personaggi verso il baratro irreversibile della tristezza di vivere perché non cè via di scampo.

Il regista firma un film divertente e ironico senza cadere nel sarcasmo. Con sguardo aggraziato ci racconta di un’Italia che sopravvive in qualche modo, ma pur sempre con grande dignità umana, e allo stesso tempo di un’Italia che ruba, corrotta e corruttibile. Lo fa senza cadere nel populismo o nella retorica intellettualpoliticizata che solitamente attraversa il cinema italiano. Usa come armi a suo vantaggio personaggi profondi e molto ben costruiti, le cui vite si intrecciano senza mai tradire un attimo di noia nello scorrere dei fatti e all’interno di un modo che è reale, ma in cui l’incursione del surrealismo contribuisce a dare un tocco di allegria.