Ma perché non la chiamano Babilonia? Perché la trasmissione di Michele Santoro, emigrata su La7, mantiene lanacronistico titolo di Servizio pubblico? Ormai nel contenitore del principe dei contestatori televisivi, affiancato da Marco Travaglio, uno dei guru dei giornalisti della cosiddetta seconda repubblica, ormai in agonia, cè posto per tutti, per tutte le voci insieme, che emettono un coro dissonante, frastornante, come arrivava dalla Torre di Babele, dove nessuno riusciva più a comprendere un filo conduttore comune e tutto si disperdeva in mille voci che non hanno voglia di parlare tra loro, ma di gridare per far vedere che sono presenti, che sono viventi.



Siamo arrivati al grande trionfo della confusione e della voluta (dis)informazione per confondere. Emergono cose anche giuste dalle nuove denunce di Santoro, come la responsabilità della finanza, delle banche, dalle contraddizioni del governo dei tecnici che alla fine ottiene risultati tutti con il segno meno, negativi. Ma francamente arrivare alla trasversalità della protesta, mettendo insieme in un dibattito uno dei vecchi leader della Fiom come Maurizio Landini e un principe del rampantismo postmoderno e transnazionale come Flavio Briatore, appare un poco eccessivo.



Infatti, quando poi si accenna solamente ai rimedi possibili, si cercano di trovare soluzioni ragionevoli, Briatore ritorna uomo di scuderia automobilistica, di box della formula uno e manda a quel Paese, senza alcuna reticenza, luno e laltra presente nellanfiteatro santoriano. Dal canto suo, Landini non ha altro che proporre lintervento pubblico a sostegno dellindustria, cioè una sorta di ritorno alle Partecipazioni statali che hanno caratterizzato la prima repubblica che Santoro, Travaglio e anche Landini hanno liquidato per demeriti morali.

Non si venga a dire che cè una contrapposizione interessante tra opposte e lontane posizioni, una dialettica stringente tra diverse linee politiche. Cè solo un confronto basato molto spesso su luoghi comuni, sempre intessuti e conditi da un pizzico di giustizialismo, che non porta da nessuna parte se non in un calderone di protesta generica che alla fine torna utile solo a questo governo dei tecnici. Così Santoro e i suoi fratelli, cercando di incalzare il governo tecnocratico, alla fine fanno indirettamente il gioco di Monti e della Fornero.



inutile poi che Santoro cominci la sua trasmissione con una critica alle primarie del centrosinistra in diretta su Sky. Non tanto critiche sul contenuto (è stata una delle performance televisive più noiose della storia della televisione mondiale, nonostante gli incensatori audiovisivi e scritturali), ma sul fatto che quelle primarie sono andate su una televisione a pagamento. Ma qual è il problema reale? Cercare di occupare il più possibile gli spazi televisivi o informare correttamente le persone, i cittadini italiani?

Per dare un’immagine della confusione presente nel programma di Santoro, ieri sera c’è stato pure un intervento dell’economista Luigi Zingales, dall’America naturalmente, che pur difendendo la protesta degli studenti è stato “mandato a quel Paese” da Landini per le teorie liberiste che esponeva come rimedio. Zingales a quel punto è stato posto in “quarantena” per quasi tutto il resto della trasmissione. È ritornato verso la fine, dicendo: “Ma si era dimenticato di me?”.

Alla fine, la trasmissione rischia la rissa parolaia tra Briatore, Zingales dall’America e una giornalista in trasmissione. C’è da arrendersi di fronte a un simile spettacolo confusionario e c’è da dire che Beppe Grillo, forse perché conosce profondamente i suoi “polli” con cui ha lungamente lavorato, deve avere proprio imboccato la strada giusta a impedire ai “suoi” di andare su un palco televisivo. In una settimana, pur con tutte le sciocchezze che riesce a sfornare quotidianamente via Internet, Grillo deve aver guadagnato qualche altro punto nei sondaggi pre-elettorali, ma è prevedibile che l’assenteismo si sia attestato su valori ancora più alti.

Scusate la considerazione di un vecchio giornalista: ma quanto era più efficace per comprendere le situazioni politiche, sociali e anche economiche del Paese il vecchio Jader Jacobelli, che pure quando parlava sembrava che avesse dei sassi in bocca. Non è una nostalgia della gioventù, ma piuttosto di un ordinato dibattito politico, forse un po’ ingessato, ma più chiaro.