Sono passati 33 anni da quel 1979, eppure la storia che ci prepariamo a vedere con Argo potrebbe essere unattuale notizia da telegiornale. Non sono cambiati gli attori, per dirla nel gergo di chi opera nelle infuocate questioni internazionali. Stati Uniti da una parte e Iran dallaltra. Neppure le motivazioni sembrano essere così obsolete. Eppure la Storia dovrebbe essere andata avanti.

Ben Affleck, al suo terzo film da regista (dopo The Town e Gone, Baby, Gone), è bravo senza riserve. Il film, che sfiora le due ore piene, scivola sullo schermo con una facilità estrema. Non cè nulla di complicato da capire. Bisogna solo osservare e lasciarsi condurre dentro la storia. Allinterno delle vite dei sei funzionari americani che in quel lontano 1979, a Teheran, riuscirono a sottrarsi alle mani dei rivoluzionari iraniani. Non senza versare un alto prezzo, però.

Mentre lambasciata statunitense, messa a ferro e fuoco, pagava pegno per lasilo concesso dagli Stati Uniti allo scià Mohammad Reza Pahlavi, i sei americani trovarono una via di fuga da quelle mura e rifugio presso labitazione dellambasciatore canadese. Dove rimasero per 400 lunghi giorni. Mettendo in pericolo tutti. Se stessi, ovviamente, e la famiglia del diplomatico canadese, ben consapevole della fine che lui e i suoi nuovi amici avrebbero fatto se gli iraniani avessero scoperto la fuga.

Il tutto mentre nel quartier generale della Cia si discute di massimi sistemi. Su come, cioè, mettere in salvo i sei connazionali. Idee feroci e quasi ridicole – certe di un esito catastrofico per i prigionieri – si susseguono al tavolo dei boss dello spionaggio made in Usa. Per fortuna, arriva Tony Mendez (Ben Affleck), esperto nellarte di questo genere di salvataggio. E la sua idea, per quanto apparentemente assurda, sembra essere lunica realmente praticabile. Far finta che i sei americani, cioè, siano in Iran per girare un film di fantascienza. Argo, appunto.

Non ha importanza quanto credibile sia la sua trovata. Posto che il film si basa su una storia vera – quindi non cè nulla di inventato -, cè da dire che Ben Affleck convince nel suo sapersi muovere con equilibrio e armonia tra i toni del film di guerra, quello politico e infine la commedia. Che, però, non prende mai il sopravvento, arrivando a screditare il diligente e compito lavoro di ricostruzione. Per questo è bello Argo. Perchè ti porta dentro una vicenda reale senza cadere nel banale tranello della retorica politica e di guerra americana.

O almeno, se c’è, è molto velata. È più un atteggiamento stilistico, che un mettere in scena. I fatti, solo questi. La fatica, l’adrenalina, il tempo che passa e le possibilità di riuscita sempre meno realistiche. Una storia che toglie il fiato, a suo modo. Perchè dipinge un quadro drammatico e attuale e perché le scene si susseguono senza lasciare spazio al superfluo.

È tutto molto convincente, insomma. Non solo la ricostruzione dei fatti e il ritmo mozzafiato che ti lascia in sospeso fino all’ultimo. Anche la fotografia si allinea al realismo della storia. Sgranata al punto da sporcare lo schermo con una messa in scena che diventa il fil rouge di questo film che parla di ieri. Ma anche di oggi, dopotutto.