La trasmissione di Michele Santoro, Servizio pubblico, è limmagine dellItalia di sinistra completamente disorientata da un anno di Governo dei tecnici. Il conduttore fa autentici salti mortali per creare una sorta di fronte trasversale contro Mario Monti. Se giovedì scorso appariva in trasmissione una sorta di strana coppia – il sindacalista della Fiom Maurizio Landini e il principe della Formula uno e del Billionaire, Flavio Briatore -, questa volta sono andati in scena lala sinistra del centrosinistra, Nichi Vendola, e lanti-Tremonti del vecchio governo Berlusconi, Renato Brunetta. Il risultato che esce è limpossibilità concreta, palpabile, di vedere una prospettiva di futuro governo per lItalia. In questo caso siamo più o meno a monsieur de La Palice.

La famosa agenda Monti è vista da Vendola come il fumo negli occhi e Brunetta specifica, sottolinea e ribadisce che non cè stato nessun miracolo di Mario Monti, ma solamente un fallimento, una cura del tutto sbagliata che ha messo il Paese in recessione. Nichi Vendola mette anche i paletti su Pier Ferdinando Casini e, soprattutto, Luca Cordero di Montezemolo. Alla fine che cosa rimane in prospettiva per lItalia se Vendola chiude anche alla possibilità di unalleanza con il centro, in caso il centrosinistra arrivasse a essere almeno il primo partito dopo il voto di primavera?

Ma forse cè un aspetto in più da segnalare nella trasmissione di Santoro. evidente che la politica del rigore montiano ormai è diventata insopportabile per gran parte dellelettorato di sinistra. A questo punto, in epoca di primarie del centrosinistra, una spinta allala più radicale può essere una specie di aspirina, di modesta spinta a sinistra, antimontiana di facciata, in vista di una campagna elettorale che si preannuncia piuttosto complicata, soprattutto carica di incognite.

Ma visto il taglio politico, il resto della trasmissione è di nuovo contrassegnato dalla noia, da discorsi sui massimi sistemi che alimentano solo confusione. E Santoro si trova perfettamente a suo agio come regista della confusione. Lo ha fatto per anni, dai tempi del tramonto della prima repubblica, agli anni dellattacco a zero contro il berlusconismo, alla tristezza di avere perso il nemico (Marco Travaglio ieri sera ha fatto una ricostruzione carica di nostalgia antiberlusconiana sullaffare Spinelli), ora mentre si sta assistendo al passaggio dalla cosiddetta seconda alla altrettanto cosiddetta terza repubblica.

Il minimo che ci aspetterebbe da una trasmissione di informazione politica è quella di una sequenza un po’ dettagliata di quanto è avvenuto in questi venti anni e del tentativo razionale di capire il perché si è arrivati a questo incrocio di crisi economica e di parallela crisi politica. Nel salotto di Santoro sembrano invece tutti immuni da questa voglia di comprendere. Tutto è scontato a colpi di luoghi comuni.

In conclusione, la speranza di comprendere è una cosa vana per tutta la televisione italiana e probabilmente per quasi tutta l’informazione. E la sensazione è che, una volta tentata la “trasversalità” politica (destra e sinistra) contro il “Governo dei tecnici” e parzialmente ottenuta, ritornino poi fuori antichi risentimenti personali, vecchie contrapposizioni.

Se la “nuova politica”, così si diceva almeno nel 1992, ha perso la testa, il mondo dell’informazione, o della “nuova informazione”, la sta seguendo. Il risultato di tutto questo, sempre più scontato e sempre più inquietante, è una naturale e prevedibile disaffezione degli italiani alla politica.