Segnatevi le date sul calendario: 1-9 dicembre 2012. No, la profezia nefasta dei Maya non c’entra nulla, ormai dovreste saperlo che, come già avevano sentenziato all’epoca gli Aztechi, quella previsione è solo ”una gran Mayalata”. Nei primi giorni di dicembre, infatti, si rinnova a Milano-Rho l’appuntamento con il meglio dell’artigianato mondiale, vale a dire “AF-L’Artigiano in Fiera”, giunto quest’anno alla diciassettesima edizione.
Fate tuttavia attenzione a non confonderla con l’identica manifestazione di Bububu, città nell’isola di Unguja, in Tanzania. Anche lì, e proprio negli stessi giorni, si svolge la ben più antica “AF-Fundi Simba”, che in lingua swahili significa appunto “AF-L’artigiano in fiera”, ma con la diversa accezione di “lavoratore esperto a non finire nella pancia della fiera (in genere, un leone)”. La sigla “AF” sta ovviamente per “AFfamata” (la fiera, nel senso di leone, non di manifestazione). Perché “Fundi Simba” si svolge proprio a Bububu? Perché la città della Tanzania deve il suo nome segnatamente al fatto che durante questa fiera (nel senso di manifestazione, non di leone), che si svolge nel gigantesco Parco faunistico situato a pochi chilometri dal centro, i numerosissimi visitatori, che si aggirano accaldati (siamo nella stagione secca) tra le bancarelle di “AF-Fundi Simba”, sono soliti manifestare la loro apprensione con dei “Buuu! Buuu! Buuu!” (ripetuti sempre tre volte) quando qualche fiera (cioè qualche leone, non qualche manifestazione) si avvicina troppo agli stand, mettendo a rischio l’incolumità di venditori e clienti. Di solito, il triplice “buu” funziona e la fiera (che è sempre il leone, non la manifestazione) se ne sta alla larga, permettendo alla fiera (in questo caso, la manifestazione, non il leone) di svolgersi regolarmente. Di solito, ma non sempre! Perché talvolta “Ndogo kitefutefu”, “piccoli incidenti di percorso”, li chiamano… Proprio per questo a Bububu, e in generale in tutta l’Africa nera, usare l’espressione swahili “Kufanya fundi simba” (“Fare l’artigiano in fiera”) non è beneaugurante, come può esserlo, per esempio, il nostro “In bocca al lupo!”. Anzi…
Comunque lo Zingarelli, che di fiere (nel senso di esposizioni, non di leoni) ne ha girate tante, un posto bello come “L’Artigiano in fiera” (a Milano-Rho, non a Bububu) non l’ha mai trovato. Qualcuno tra voi forse si chiederà ancora chi sia mai lo Zingarelli.
Ebbene, è quel vocabolario, che sa molte cose perché le ha rubacchiate qua e là in giro per il mondo, e alla voce artigiani recita così: “Gli artigiani, come dice la parola stessa, sono quelli che, lavorando, usano tanto le mani quanto i piedi, perché hanno imparato a utilizzare, con arte, gli arti e sono riusciti a far fruttare sino in fondo il celebre adagio Impara l’arto e mettilo post parto (quasi a dire che artigiani si nasce, non si diventa)”.
In generale gli artigiani si dividono in due categorie: quelli alti, gli altigiani, e quelli bassi, i cortigiani. Gli altigiani si sono specializzati nella costruzione e manutenzione di apparecchi hi-fi (alta fedeltà), mentre i cortigiani si limitano perlopiù a lavoretti di basso profilo.
Esistono comunque molte specializzazioni in questa professione. Ci sono gli artigiani della letteratura, i cosiddetti articoli; gli artigiani delle invenzioni, chiamati artifici; e gli artigiani che, quando presentano i loro manufatti, amano essere coperti di complimenti, se non addirittura di lodi, i cosiddetti lodigiani.
Altre categorie di artigiani sono i marchigiani, specializzati nella fabbricazione di marchi, brevetti ed etichette. A ruota seguono, come numero, i valligiani, cioè gli artigiani che producono valigie, e gli astigiani, che altro non sono se non gli artigiani che si sono dedicati alla fabbricazione delle aste per i saltatori con l’asta. In base a statistiche recenti, un’alta percentuale di astigiani diventa anche alcolista.
La categoria senz’altro più famosa degli artigiani è quella dei partigiani. Il nome deriva dal fatto che i partigiani difficilmente eseguono un lavoro tutto intero, preferendo attuarne una parte per volta. Loro caratteristica principale è una certa qual testardaggine nella conclusione degli affari. Occorre perciò avere molta pazienza con loro, ma al contempo altrettanta decisione, sapendo per certo che i partigiani, nel corso delle trattative sul prezzo, faranno sempre molta resistenza. Di derivazione sicuramente partigiana sono i parmigiani reggiani, cioè gli artigiani che lavorano nei caseifici di Parma e Reggio Emilia, capaci, con la sola produzione del loro tipico formaggio, di fare i soldi, cioè la grana.
Gli artigiani più stanziali, che lavorano solo seduti impagliando le sedie, si chiamano sedentari; quelli invece che producono i mobili, vengono denominati nomadi, proprio perché sono caratterizzati da una notevole mobilità.
Una speciale categoria di artigiani è quella degli artigiannizzeri: fanno cose turche, e proprio per questo si abituano a lavorare, come vuole la loro secolare tradizione, in gruppi di quattro: noi li conosciamo con il nome di ottomani. Quello degli ottomani è una forma di lavoro artigianale che va lentamente scomparendo: le nuove generazioni non trovano più consona alle proprie abitudini lavorative questa nobile tradizione, che prevede un continuo intreccio di 40 dita sul manufatto da eseguire. E se non credi nell’efficacia di questo minuzioso lavoro di squadra, va a finire che ti ingarbugli.
In America invece esistono due tipi di artigiano: il primo esegue personalmente il proprio incarico sul posto, anche a centinaia di chilometri dalla sua sede di lavoro. Tutto ciò l’ha reso rude, talvolta manesco. Riconoscibile dal caratteristico cappello e dalla colt nella fondina, ama girare a cavallo. Questo artigiano prende il nome di ArtiJohn Wayne. Di tutt’altra natura è la seconda tipologia di artigiano americano, che viene denominato Artigiaguaro: dotato di movimenti felini, è un ottimo predatore, nel senso che ama sfruttare e rubare le idee migliori agli altri artigiani.
Storicamente, le mogli degli artigiani non hanno mai sgobbato come i mariti; anzi, si sono sempre date alla bella vita. Hanno sempre impiegato il tempo alla maniera delle dame di corte, organizzando cocktail, apertitivi, happy hour, drink. Per questo hanno preso il nome di damigiane.
Quella dell’artigiano è una professione che ha conosciuto nella sua storia numerosi personaggi famosi e negli ambiti più svariati. Ne citiamo solo alcuni: Artigiano Bifronte (il più mitico di tutti), Artigiangaleazzo Visconti, Artigianni Agnelli, Artigianni Morandi, Artigianni Rivera…
Molti artigiani, una volta finita la loro carriera, si sono dedicati alla comicità. Alcuni sono rimasti nell’anonimato, scrivendo battute considerate abbastanza artigianali; altri invece hanno raggiunto anche una notevole notorietà. Tra questi vale la pena di ricordare Artigianni e Pinotto.
Quali requisiti sono richiesti per fare l’artigiano? Alcune attitudini particolari sono assolutamente indispensabili per svolgere bene questo mestiere. Innanzitutto, essere bravi con la pialla, cioè saper giocare a piallone, o a piallacanestro, mal che vada a piallavolo. Per chi volesse invece cimentarsi in lavori artigianali nell’ambito della nautica è richiesta una certa abilità nella piallanuoto. I più robusti, infine, possono dedicarsi al riugby, cioè alla pialla ovale.
Secondo requisito: abituarsi a fare da piccoli i lavori manuali, anche alla bell’e meglio, con una certa approssimazione, cioè, appunto, in modo artigianale.
Terzo requisito. Saper combinare pasticci (questi artigiani diventeranno bravi pasticceri); avere le mani in pasta (sono destinati a fare i pastai); saper scrivere un pastone (così da essere un giorno ricordati come giornalisti, anche se un po’ pasticcioni); organizzare rinfreschi ai matrimoni con pasti e posti a sedere (questo servizio artigianale si chiama Catering; se poi, oltre al cibo, c’è anche la possibilità di sentire un po’ di musica, allora in questo caso si parla di servizio di Catering Caselli). Ma cosa c’entra – direte voi – tutto questo con il mestiere dell’artigiano? Niente, ma se non lo scrivevamo non ci sentivamo… a pasto.
Un fitto e tremendo mistero avvolge la vita di quegli artigiani che da una vita attendono l’occasione propizia per avere uno stand all’Artigiano in Fiera: come verranno mai soprannominati, artigiani in fieri?