Si possono fare diversi appunti allo show divulgativo di Roberto Benigni su Raiuno. Una certa prevedibilità monotematica della prima parte, per esempio, incentrata sul ritorno in campo di Silvio Berlusconi. Oppure, qualche lungaggine didattica nella seconda, condita da troppi superlativi e da una certa enfasi patriottica (del resto se la Costituzione è «La più bella del mondo…). Alcune imperfezioni stilistiche (Giorgio La Malfa tra i costituenti al posto del padre Ugo) e qualche ripetitività da «TuttoDante. Ma alla fine, al netto della tara delle osservazioni critiche ed estetiche, ci si porta a casa dellottima televisione.
Una di quelle serate-evento che unificano gran parte del Paese e che, nonostante la famosa frammentazione tecnologica, solo la televisione generalista riesce ancora a dare. I 12 milioni 619mila telespettatori (43,93% di share) sintonizzati su Raiuno ne sono la riprova. Era stato battezzato come «levento degli eventi da Giancarlo Leone, non ancora direttore di Raiuno, per rispondere allo show di Celentano su Canale 5. E così è stato.
Nella prima parte il bersaglio principale, se non esclusivo, dellartista toscano è stato Silvio Berlusconi. La sua ricandidatura è una notizia peggiore della fine del mondo annunciata dai Maya. Loriginalità del copione non è il massimo. Ma al di là di alcune battute efficaci, la forza comunicativa di Benigni, la capacità di rappresentare uno stato danimo latente e diffuso nel pubblico si produce nel non detto, nelle pause, gli sguardi, lo scompisciarsi in attesa della frecciata. «Si ripresenta… Signore, pietà. Oppure: «Io gli voglio bene, come se fosse normale, ha maramaldeggiato sempre riferendosi a Berlusconi.
Nel parallelo tra il Medioevo della politica e il declino della Seconda Repubblica cè la summa del benignismo fiorentin-dantesco, dal Conte Ugolino al Cavaliere di Mediolanum a Dante che forma il suo partito «Per Dante, il Pd: non vinse mai.
Il meglio, però, viene nella divulgazione didattica della performance. Anche qui il premio Oscar interpreta un sentimento diffuso. Ma si passa da una pars destruens a una costruens. Storia, letteratura, educazione civica e poesia sintrecciano nella divulgazione dei «Principi fondamentali della nostra Costituzione. I partecipanti allAssemblea costituente erano diversi tra loro, da Togliatti a Fanfani, da La Pira a La Malfa, divisi su molte cose, ma uniti sul «primato della persona umana. Così hanno saputo realizzare un capolavoro propositivo. Perché a differenza di altri testi sacri che proibiscono e vietano, la Costituzione è «la legge del desiderio. Non cè un verbo coniugato al negativo. Solo quello che riguarda la guerra che lItalia «ripudia.
Nei primi dodici articoli della Carta anche la lingua è studiata e scelta con passione unificante. La difesa del lavoro che riguarda «l’essenza della persona», il rispetto delle religioni, la difesa della democrazia contro gli eccessi dei populismi, l’unità della Nazione nell’attuazione di una politica di decentramento.
Nell’esegesi di Benigni i rimandi a Berlusconi e alla Lega diventano espliciti. La divulgazione s’intreccia alla satira, in realtà non troppo livida. Anzi, quasi bonaria. Soprattutto costruttiva. Perché è questo che vuol dirci Benigni con il suo ritorno ai classici della storia italiana, da «Fratelli d’Italia» alla «Più bella del mondo»: gli italiani hanno voglia di costruire. Anzi, di ricostruire.