Guardando le trasmissioni condotte da Michele Santoro, sembra di immergersi in parodie di grandi film del passato. La fotografia che fa Servizio pubblico dellItalia è quella di un intreccio inestricabile. Tutto diventa surreale, in una versione da parodia appunto, dove una sorta di inconscio collettivo (e in questo si innesta proprio nellinvenzione di André Breton) viene disordinatamente messo in piazza, propagandato, descritto disordinatamente.

Ci sarebbero da spiegare le ragioni di questa crisi economica devastante. Sarebbe necessario far comprendere le colpe della politica come scelta complessiva di questi ultimi venti anni e non solo come comportamenti individuali. Questi problemi, che dovrebbero essere lo scopo dellinformazione, sembrano che nemmeno sfiorino le menti e i cuori dei protagonisti di Servizio pubblico.

Marco Travaglio fa la sua consueta predica sulle malefatte, sulle ruberie di gruppi di parlamentari, di consiglieri regionali e via cantando. Santoro commenta le immagini di negozi vuoti, di Natali senza felicità e senza soldi, con una raccolta di dichiarazioni in romanesco sui politici ma che vadano a morì ammazzati. La nuova ragazzina impertinente della trasmissione è focalizzata da settimane nello strappare, invano, dichiarazioni al premier dimissionario Mario Monti, su domande che dovrebbero essere incalzanti e irriverenti, mentre invece sono solo scontate e anche banali.

Un ragionamento ordinato, informato sulle tappe di questa crisi, un tentativo di andare al di là di quelli che sono gli epifenomeni di questo momento molto cupo non esce mai, mai e poi mai. Tutto viene mescolato in ricette personali categoriche. I partecipanti alla trasmissione dicono la loro con una ripetitività che sta diventando asfissiante. Diego Della Valle, fortunatissimo e intraprendente scarparo promuove Monti per alcuni aspetti, ma sostiene che ha fatto anche errori. Intanto dice che la crisi è durissima. Alfio Marchini, rampollo di una schiatta di palazzinari romani, pontifica sui nuovi equilibri mondiali: la Cina non è più un buco nero. Ma va? La simpatica signora Carla Cantone, dei pensionati della Cgil, ricorda quello che il governo ha fatto contro i poveri e i pensionati. Limprenditore emergente Oscar Farinetti fa un epinicio di Matteo Renzi, destinato, secondo lui, a diventare un grande statista.

Più che uninformazione sulla crisi e sul futuro degli equilibri politici italiani, si vede in Servizio pubblico nientaltro che una spettacolarizzazione della crisi e della complicata matassa politica italiana. La regola da Santoro non è quella delle cinque W, ma quella dello show must go on. Forse pagherà televisivamente, ma certo non serve a chi ascolta e a chi vede la trasmissione per cercare di comprendere quello che sta accadendo. lo sconfinamento totale del dibattito politico nellintrattenimento, speculare a quello che avviene nelle reti avversarie di Santoro. Probabilmente è anche il filtro esatto del distillato politico che questa classe dirigente (al governo, allopposizione, nei vari posti di potere finanziario e imprenditoriale) ci propina quotidianamente.

La banalizzazione e la spettacolarizzazione della cultura politica, in un momento così delicato come quello della crisi economica, rischia veramente di provocare un cortocircuito che difficilmente si può controllare e domare. Così come il dilettantismo politico (non tanto l’antipolitica!) sta dilagando nel Paese, così il dilettantismo informativo fa da gran cassa di risonanza mediatica. E come tutti i “dilettanti allo sbaraglio” (Billy Wilder ci farebbe un film su questa “ora del dilettante”) c’è una voglia di protagonismo che quasi inquieta, che surclassa di gran lunga la voglia, il desiderio di comprendere.

Bisognava vedere l’incipit di ieri sera di Santoro sulla possibilità di una partecipazione di Silvio Berlusconi a “Servizio pubblico”. È stato quasi rappresentato come un evento “storico”, una svolta epocale dei dibattiti televisivi. Chissà che duello dialettico tra Berlusconi e Travaglio? E poi tutti a letto a fare una dormita ristoratrice. Domanda di un nostalgico della politica: ma fino a che punto lo spettacolo televisivo e il dilettantismo politico vogliono far crescere l’astensionismo alle prossime elezioni?