Qualche giorno fa sono stati freddo e neve a unire lItalia sotto uno spesso manto bianco. Questa settimana è invece il Festival di Sanremo a richiamare da Nord a Sud lattenzione degli italiani, volenti o nolenti, verso la kermesse canora nazionale. Insomma, le marcate differenze degli italici popoli sembrano in determinate occasioni venir meno. quello che in fondo ci vuol raccontare il film Benvenuti al Nord, sequel del fortunatissimo Benvenuti al Sud, capace nel 2010 di entrare a sorpresa nella top ten dei film di maggiore incasso di tutti i tempi del nostro Paese.

Anche stavolta la regia è affidata a Luca Miniero e anche il cast non è stato cambiato. Ritroviamo così Claudio Bisio nei panni di Alberto Colombo, zelante dirigente delle Poste italiane che ritornato al Nord vuol cercare il riscatto con una folgorante carriera, e Alessandro Siani in quelli di Mattia Volpe, ancora piuttosto mammone nonostante il matrimonio con Maria (Valentina Lodovini) e la nascita del piccolo Edinson. Solo che per uno spiacevole malinteso, Mattia finisce a lavorare a Milano sotto la direzione di Alberto. Questa volta è quindi il Nord a dover aprirsi a suo modo allarrivo di un meridionale e tocca invece al Sud sfidare le differenze e i luoghi comuni dei polentoni.

Ma a complicare le cose ci si mettono i guai sentimentali: se Maria lascia marito e suocera perché vorrebbe un Mattia più responsabile e indipendente, Alberto vede andar via di casa la moglie Silvia (Angela Finocchiaro) perché dedica troppo tempo al lavoro. Come se non bastasse, poi, il futuro lavorativo dei due protagonisti è strettamente legato a E.r.p.e.s., un progetto per rendere efficiente lorganizzazione del lavoro che il visionario dirigente Palmisan vorrebbe applicare agli uffici postali di tutta Italia. In questo personaggio, interpretato da Paolo Rossi, è impossibile non cogliere più di un riferimento (persino nel mitico pullover blu) allAmministratore delegato della Fiat, Sergio Marchionne.

Ovviamente arriverà il lieto fine a sistemare le cose. E lo svolgersi del film ci mostrerà che non esistono differenze insormontabili e che, come spesso accade, nei momenti che contano, come detto allinizio, cadono barriere culturali, sociali e financo linguistiche (si arriva persino al parossismo per cui due persone che parlano dialetti diversi sembrano comunicare con la stessa lingua). E ci farà anche capire che tali differenze è bene che non spariscano del tutto. O il rischio è quello di far danni. Un po come succede a Maria e Silvia quando vedono i loro mariti cambiare e diventare come avrebbero voluto.

Trattandosi poi di commedia italiana, si nota la mancanza dello stereotipo della bellona di turno. Assenza apprezzabile, perché la regia ha fatto la scelta di mantenere lo sguardo e lattenzione dello spettatore sul linguaggio (eccellenti ed esilaranti i dialoghi tra Erminia, la suocera di Alberto, e Scapece), ben fissa sulle differenze tra Nord e Sud senza distrazioni.

Tutto questo nello snodarsi delle numerose gag disseminate lungo il film. Forse fin troppe. Alcune capaci di strappare una lunga risata, altre che lasciano un po’ perplessi e paiono insistere eccessivamente sugli stereotipi del tipico milanese, arrivando a situazioni surreali (come quando Mattia si ritrova in bagno un megaschermo su cui compare Alberto che gli conta i secondi che gli restano per espletare i suoi bisogni fisiologici). Passando da Castellabate (teatro di Benvenuti al Sud), paesino della provincia salernitana, alla metropoli milanese si è forse persa un po’ di comicità “genuina”. O forse per raccontare il Nord come nel primo lungometraggio è stato ritratto il Sud ci sarebbero volute maggiori “argomentazioni”.

E la “trasferta” sembra aver fatto male ad Alessandro Siani, meno brillante rispetto al precedente film. A differenza di quel che è successo a Claudio Bisio, apparso in entrambe le pellicole sempre all’altezza della situazione. Svetta, invece, la prova di Angela Finocchiario, specie quando veste i panni di Ermina. Brava anche Ippolita Baldini, che interpretando la milanesissima “Dodi” riesce a non rimanere vittima dei cliché.

Difficile pensare, a questo punto, a un terzo capitolo della saga. Certo, mai dire mai: tra Nord e Sud c’è il Centro, con la Capitale, dove pure hanno la sede legale le Poste. Ma se vale il detto “squadra che vince non si cambia”, a che servirebbe una trasferta a Roma? Forse a unire l’Italia…

 

(Bruno Zampetti)