La serie di film in onda sulla Rai, giunge stasera al terzo episodio. Una serie che porta davanti al grande pubblico di Rai Uno la “denuncia” contro violenza sulle donne, affrontata in quattro  film a tema: lo stalking, la violenza domestica, la prostituzione forzata, la violenza sessuale. Stasera su Rai Uno è in onda il film La fuga di Teresa, con la regia di Margarethe Von Trotta, intepretato da Stefania Rocca, Alessio Boni e Nina Torresi. Un film che ha come tema quello della violenza domestica. Per la Rai un evento impegnativo che vuole affrontare quello che purtroppo è un fenomeno drammaticamente in crescita  e che rappresenta una emergenza sociale e politica. IlSussidiario.net ha chiesto al professor Alessandro Meluzzi un parere sull’opportunità di trattare una tematica così drammatico e attuale attraverso l’uso della fiction e più in generale della televisione. “Si tratta, quando si fa un uso mediatico e cioè filmico di eventi che hanno a che fare con il crimine o con la violenza, di un’arma a doppio taglio” è l’opinione di Meluzzi. Infatti, aggiunge, se è vero che queste rappresentazione hanno una funzione pedagogica significativa, allo stesso tempo possono contenere il rischio di scatenare un fenomeno di emulazione in soggetti dalla psiche un poi labile “C’è poi un certo attacco ai valori della famiglia” conclude Meluzzi “rappresentata spesso e volentieri come un inferno, causa di tutti i mali”.



Professore, secondo lei una fiction è un mezzo adeguato per rappresentare un dramma come a violenza sulla donna?

La rappresentazione mediatica filmica o televisiva di eventi che hanno a che vedere con il crimine con la violenza sono armi a doppio taglio.

In che senso?

Da una parte svolgono una funzione di monito quindi pedagogica, anche perché ci si augura che queste fiction siano condotte in modo professionale e quindi possano aiutare a trarne un senso e una morale, dunque un aiuto, un sostegno per tutti. Dico questo perché la pura rappresentazione dell’istinto non è qualcosa che serve a neutralizzare l’istinto stesso.



L’altro motivo qual è?

Ogni rappresentazione del male rappresenta il rischio di un fenomeno di imitazione perché qualcuno vedendo un certo evento soprattutto se ha una psiche un po’ fragile può correre il rischio di volerlo imitare.  Questo non significa che non si debba rappresentare il male perché è qualcosa che anche la letteratura o il teatro hanno sempre fatto. Ma ci vuole molta attenzione le modo con cui lo si tratta e lo si rappresenta, altrimenti può avere un effetto bomba devastante.

Insomma una dose di rischio in questi eventi filmici esiste.

E’ per me difficile dire se queste fiction siano costruite in maniera adeguata, però teniamo conto di un altro fatto. Quando un regista si mette nella direzione di rappresentare il male qualche volta si assiste a un contenuto di puro spettacolo.

Ci spieghi meglio.

Il male di solito fa sempre più ascolti del bene, è una delle grandi leggi economiche della comunicazione di massa, per cui si sa che l’albero che cade fa più rumore della foresta che cresce così come si conoscono bene le tre “s”  della stampa popolare, e cioè sesso sangue e soldi. Quindi il rischio è che mossi da una sana motivazione pedagogica si voglia in realtà anche grattare la pancia agli umori peggiori della società.

 

 

Lei è ospite fisso di un famoso talk show televisivo, Quarto Grado, in cui si analizzano casi di violenza sulle donne. Secondo lei l’argomento è trattato nel giusto modo?

 

Attenzione, c’è una differenza tra il talk show come Quarto Grado e il film. Noi non ci occupiamo di storie costruite in laboratorio, ma vengono analizzati fatti di cronaca già noti al grande pubblico, ma soprattutto vengono analizzati gli eventi giudiziari che ne seguono. La funzione di una trasmissione come quella è dunque abbastanza particolare: si analizzano fatti che sono già oggetto di discussione collettiva, e questo chiama in causa la funzione della società e quella della giustizia.

 

Cioè?

 

Si aiuta in un certo senso a tenere sotto controllo la giustizia stessa, si aiuta a una funzione democratica e critica da parte della gente che dovrebbe essere il fruitore primo della giustizia stessa, cioè il popolo. La giustizia viene così costretta a mitigare certe sue deformazioni come i teoremi facili, i teoremi accusatori, le ipotesi non bene verificate. 

 

Concludendo: la violenza domestica tema del film di stasera, che tipo di problema è, da dove trae origine?

 

Purtroppo rappresenta oggi una percentuale molto elevata delle forme di violenza e questo è qualcosa su cui bisogna vigilare. Il problema indubbiamente c’è. Da qui però a dire come ho sentito in qualche talk show che la famiglia ne uccide più della mafia, utilizzare questa realtà drammatica per una ideologia anti familistica che oggi purtroppo è assai diffusa, è da denunciare.  Le famiglie non sono certamente quelle del mulino bianco, ma dire che la famiglia è un luogo di inferno e l’unica alternativa è vivere da single,  e ne passa. Speriamo che l’incontro del Papa a Milano con le famiglie sia occasione di rilanciare l’unico luogo adatto per l’educazione del giovane e per l’accoglienza della vita. Ci sono dei rischi nella famiglia, ma nessuno di noi rinuncerebbe al suo corpo perché questo corpo si può ammalare.