Tratto dal romanzo fantascientifico Sotto le lune di Marte di Edgar Rice Burroughs, il film John Carter ha fatto parlare di sé per il costo spropositato della produzione (250 milioni di dollari) e per lesordio nel genere fantasy di Andrew Stanton, autore di capolavori danimazione come Alla ricerca di Nemo e WALL-E.
Sfruttando le tecniche del 3D, il film mette in scena luniverso epico di Burroughs, il creatore di Tarzan, e racconta la storia di John Carter (interpretato da Taylor Kitsch), un soldato eroico ma riluttante che nasconde un tragico passato ed è ossessionato dalla ricerca di una cava doro. Durante la guerra di secessione americana riesce a sfuggire allesercito e si rifugia in una grotta tra i canyon, dove uno strano oggetto luminoso lo teletrasporta direttamente sul pianeta Marte – o meglio, Barsoom, come lo chiamano i suoi abitanti. Viene così a contatto con gli uomini verdi della tribù di Thark, creature con quattro braccia e modi poco civilizzati, che lottano nellarena come gli antichi gladiatori.
Sconvolto dallinaspettato viaggio interplanetario, il prode John si trova nel bel mezzo di unaltra guerra, tra la città di Zodanga e il popolo di Helium, la cui principessa Dejah Thoris (Lynn Collins) rifiuta di sposare il capo dei nemici per stabilire una tregua. John non vuole abbracciare la causa del pianeta straniero, ma il suo senso dellonore e il fascino della grintosa e determinata Dejah finiscono per prevalere sul desiderio di tornare a casa.
Il romanzo di Edgar Rice Burroughs è uno dei pilastri della cultura popolare del Novecento. Ha creato il mito del terrestre catapultato in un mondo diverso, dove è costretto a confrontarsi con gli alieni e a far valere le capacità derivanti dalla sua natura umana. Su Marte, John si trova a combattere per la causa altrui e ad affrontare un trauma del suo passato (il massacro della famiglia, che non era riuscito a salvare) prima di ritrovare la pace e lamore.
Visivamente, il film presenta una buona cura dei dettagli e mantiene un ritmo sempre elevato, anche se alcuni elementi della trama restano enigmatici e poco chiari. Lo spettatore si trova di fronte a un mix di western, fantascienza alla Star Wars e avventura in stile Indiana Jones, con elementi che ricordano Prince of Persia e i film sui supereroi. Il mondo di Barsoom, a sua volta, contiene uno strano accostamento di antiche civiltà (i Romani, gli Aztechi), di astronavi e di creature mostruose, con il risultato di creare un universo alquanto confuso.
L’impressione è che John Carter offra una buona dose di spettacolo, senza riuscire però a smuovere le emozioni: i personaggi non si lasciano amare, sono ironici e grintosi, ma non arrivano al cuore. Tra l’eroe e la principessa non si percepisce una vera alchimia e la storia d’amore, alla fine, appare fredda e poco coinvolgente. L’unica parte della storia che colpisce emotivamente arriva verso la fine, quando il protagonista si trova a rivivere l’episodio che ha segnato la sua vita e ha chiuso il suo cuore ai sentimenti, svelandoci la parte umana del guerriero e toccando un tema universale.
Non importa quanto lontano si possa andare, anche su un altro pianeta i nostri fantasmi ci inseguono finché non siamo disposti a guardarli in faccia e a rimetterci in gioco: “Ho fatto tardi una volta, non si ripeterà” afferma John, decidendo infine di restare su Marte per salvare la principessa di cui si è innamorato.
Il kolossal può piacere a chi cerca un’avventura interplanetaria senza troppa violenza (garantisce Disney), agli appassionati di Burroughs, a chi è attratto dal crossover tra i generi e a chi è curioso di vedere come se la cava Andrew Stanton in un genere diverso dall’animazione. Anche se, per il momento, lo preferiamo alle prese con i cartoon.