sempre interessante vedere un classico della letteratura adattato per il grande schermo. Bel Ami, il romanzo di Guy de Maupassant, diventa un film nelle mani dei registi Declan Donnellan e Nick Ormerod e della sceneggiatrice Rachel Bennette, che ottengono un risultato dignitoso, anche se non memorabile.

La storia si apre nella Parigi di fine Ottocento, quando Georges Duroy, un soldato reduce dalla guerra in Nord Africa, cerca di sopravvivere senza disporre di grandi mezzi, né di grandi talenti. Un suo ex commilitone, però, gli offre una soluzione assai appetibile: diventare un giornalista, entrando a far parte dei salotti della borghesia cittadina e stringendo potenti amicizie. Georges non ha la minima predisposizione per la scrittura, ma è bello, scaltro e affamato di riscatto sociale, perciò ricorre allo strumento che ancora oggi sembra rappresentare la via più semplice per il successo: la seduzione.

Deciso a non seguire le orme dei genitori, vissuti in miseria, il ragazzo si lancia alla conquista delle donne più influenti della buona società, la matura Virginie Rousset (Kristin Scott Thomas), la brillante Madeleine (Uma Turman), che diventerà sua moglie, e la dolce Clotilde (Christina Ricci). Tre età diverse, tre modi diversi di concepire lamore. Tre vittime del fascino di Bel Ami (così viene chiamato Georges), che non esita a sfruttarle per ottenere un vantaggio personale e per conquistare il benessere senza fatica. soprattutto Madeleine a favorire la sua ascesa, sfruttando le sue conoscenze per scrivere con lui (o meglio, per lui) gli articoli a sfondo politico. Si dimostra così che, nella società francese del XIX secolo, le donne spesso agivano dietro le quinte, influenzando il corso degli eventi attraverso i mariti.

Il ruolo del giornalista senza scrupoli, del bel seduttore affamato di soldi e di successo, doveva servire a Robert Pattinson per liberarsi dallimmagine del pallido vampiro di Twilight, e dà limpressione di potercela fare. Sembra che i costumi depoca gli si addicano, rendendolo un credibile (e tenebroso) manipolatore incapace di provare dei veri sentimenti, o comunque abilissimo a soffocarli in nome della ricchezza.

È impossibile non riconoscere nella storia un richiamo al presente, nella facilità con cui il protagonista inganna il mondo e raggiunge i suoi obiettivi pur non avendo talento. Da grande scrittore, Maupassant ha saputo descrivere con lucidità i mali del suo tempo e svelare le deformazioni del sistema borghese. Considerate le vicende che ci hanno accompagnato negli ultimi anni, Bel Ami si rivela un personaggio di scottante attualità: parte del fascino del romanzo, infatti, deriva dall’analisi dei rapporti tra la stampa, la politica e gli affari, un aspetto che nel film è presente, ma (purtroppo) poco approfondito.

Non è mai facile prendere come protagonista un antieroe, qualcuno che sfugge alla “redenzione”, alla trasformazione positiva che di norma accompagna il personaggio principale. Georges non cambia; attraversa un momento buio, in cui si sente tradito e preso in giro, e ha un guizzo di umanità quando chiede a Clotilde perché continui a tornare da lui. Si ubriaca, si dispera quando sembra avere perso tutto. Ma poi si rialza e, con fredda determinazione, sceglie la sua nuova preda, consapevole che nulla, nemmeno la coscienza, nemmeno i rimorsi (se pure li prova) gli possono impedire di vivere come desidera.

E allora perché dovremmo seguire la sua storia? Per capire dove può portare la sete di riscatto e il disperato tentativo di sfuggire alla paura più grande dell’uomo, la morte. Per scoprire che, dietro la facciata del successo, spesso si nasconde il vuoto. E per comprendere che il prezzo da pagare è altissimo, perché Bel Ami, in fondo, suscita compassione. È un uomo infelice, che si nega l’unico vero traguardo che valga la pena di tagliare: l’amore vero.